“Poltergeist” (id., 2015) è il terzo lungometraggio del regista israeliano-statunitense Gil Kenan.
Il remake è un obbligo dilettevole solo se il ‘nuovo scherzo’ ha solide basi narrative e un fluido brivido reale e non mistificatorio; invece il remake può essere uno spasso (forse per chi è dentro lo schermo televisivo) con risultati alquanto minimi se non rende l’idea di ciò che vorrebbe dire. E se lo schermo dopo trenta minuti trenta non osa sfuggire al ‘cliché’ trito e ritrito, il saputo rischia di affogare subito e non sai neanche che pesci stai prendendo. E allora ciò che vedi dopo è rituale, insipido, leggero con in più un doppio finale(ino): la ripartenza in auto della famiglia (prima dei titoli di coda) e un intermezzo di trenta secondi (a disturbare i titoli) che rompono l’armonia dell’uscita dalla sala (una quindicina di teste) per un tv-servizio dall’abisso dei morti (recitazione e visi plastificati).
Ecco ‘Poltergeist’ oggi rispetto al film di Tobe Hooper (1982) ha una distanza-temporale siderale per struttura, intensità, tensione e regia. Praticamente tutto. Nel Film di Kenan gli intoppi (come dei salti di montaggio) sono labili (sembrano) ma importanti per creare attesa di ciò che non vedi e non dovresti vedere (subito): il perché non far cadere l’amo e non districare voci con i sonori come fossero apripista di una ‘paura’ che si perde da subito e non dà segno di risveglio nell’ultima parte (anzi) dove lo sfacelo reality-famiglia-cinema ha il contorno vuoto della liquefazione con una bramosia di apparire all’ultimo mago anti-demoni. E i segnali di ripopolare il vecchio film di nuove strategie e paradigmi alienanti (i rapporti umani, la crisi e il post modernismo…) lasciano il naufrago (spettatore) da solo a commentare(si) un film languido, mediocre e da ‘fondo di magazzino’. Tutto per dire che chi perde questo film non perde nulla: forse solo un cimitero di cinema da (ri)costruire (e pensare che lo sceneggiatore David Lindsay-Abaire è un drammaturgo con premi e riconoscimenti…).
La famiglia arriva (moglie, marito e tre figli) vede una casa (dove la gentile signora della compravendita attende) ed acquista. Tutto e subito compreso quello che viene da sotto e un albero che da molti anni e lì prima ancora della costruzione delle ville di questa residenza in periferia americana con un cimitero in disuso e i cui scheletri (e altro) sono rimasti nell’armadio (tutti sottoterra e beatamente ad aspettare inquilini pazzi di gloria per misurarsi con l’oltretomba). Le demoniache presenze sono oltre uno schermo piatto al plasma a cui la bambina col ‘peluche’ si avvicina (in tutti i sensi) non prima di aver parlato con voci e rumori fantasma. Non manca la cena di moglie e marito (il lavoro è da cercare nella casa di odiosi amici) mentre i tre figli ne vedono di tutti i colori: schiuma nerastra e braccia dal pavimento, albero rompi tutto e con rami che porta via il piccolo innocente mentre la bambina si perde nei rivoli di un oltre fisico che al più fa rimpiangere b-movie di bassa categoria ma almeno rumorosi e veramente paurosi!
Naturalmente appena tornano papà e mamma sono imbarazzanti: il buon Sam Rckwell (padre) è veramente fuori posto (lo psicologo per il figlio forse sarebbe meglio che lui passi…da un centro..) è ‘cadaverizza’ il film prima di tutto il trambusto (per modo di dire) finale. Tra madre in lacrime, figlia in preda ai fantasmi, voci dell’oltre fisica e soccorritori dalle presenze cattive (il duo ex programma tv sui ‘poltergeist’ cioè Jared Harris e Jane Adams, sono imbarazzanti e quasi, ironia della sorte, da far paura a loro stessi) si arriva allo sgretolamento di ogni pezzo e di un ‘fulmine-razzo’ che spazza la casa (stile ‘arca perduta’…vien da ridere appunto) mentre vigili del fuoco e police arrivano mentre l’inquadratura (per maramaldeggiare su quello che non si è visto) fa spola sui fili di alta tensione…in stato eccitatissimo… (tensione? eccitazione? non certo in questi paraggi e in certi set).
Val bene un seconda casa da abitare ma la famiglia tutta riparte in auto (pensando alla prima). Auto? Che trovano anche in prestito (prestito? Come sono generosi….naturalmente pronta e con pieno di carburante…nuovissima e mini..nonostante piova di tutto attorno (mah…!?). E il super-bambino (il figlio che dice sempre ‘non devo aver paura’) guarda oltre il vetro e se la ride. Come non potrebbe dopo foto ricordo, pupazzo integro per la figlia e… ‘marvel’ in agguato per il ‘discolo’ di casa… Che tristezza e che goduria involontaria nell’horror che si può fare a meno di ‘transitare’. Ridi ragazzo (ridi molto) che il film è finito e i due mostri tv stanno litigando (facendo finta…è ovvio) nei titolo che…non vorremmo sorbirci tutti. Sam Raimi produce e l’effetto ‘fuori-pista’ e canovaccio rituale ci viene mostrato come piatto prelibato. Rivedersi (per favore) Tobe Hooper con produzione, soggetto e sceneggiatura di altro rango (Spielberg in primis). Ci furono anche dei seguiti (anomali e dimenticabili) del primo ma sono di un apocrifo meglio di certe pretese odierne. B-movie o altra lettera da sostituire?
Kennedi Clements (figlia) e Kyle Catlett (figlio) hanno il film sulle loro spalle e tentano (anche bene) di non farlo affossare completamente. Quando la mediocrità è la base di partenza può succedere di tutto (appunto…). L’ora e mezza (meno che meno) almeno limita altri finali dopi i titoli di coda…
Di regia e di originalità: meglio evitare altri commenti.
Voto: 4,5/10 (visto in 2D…ma il 3D è forse per cercare di rimbambirci).
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