Correva l’anno 2000 quando al cinema usciva Il Gladiatore e Paul W.S. Anderson sa fare bene i conti. Essendo passati ben 14 anni, c’è tutta una generazione di teen ager che di Russell Crowe e degli Oscar guadagnati da quel film non sa nulla, perché era appena nata o troppo piccola per ricordarselo. Un popolo di adolescenti che non ha mai detto: «Al mio segnale scatenate l’inferno» o «…e avrò la mia vendetta in questa vita o in quell’altra». Poco male quindi per chi a quell’età si godrà uno spettacolo sicuramente migliore di Hercules – La leggenda ha inizio, quanto a fattura ed effetti speciali (non dimentichiamo che Anderson – che della pellicola è anche produttore – si è fatto le ossa Resident Evil su Resident Evil), meno bene per quei genitori che dovranno accompagnare i figli più piccoli a vedere un film “già visto”, o meglio un mix di più film già visti mescolati insieme.
In ambito peplum, rassegniamoci per ora, impera il citazionismo e il film baluardo del genere è fissato col bostik nella mente di tutti gli autori che si accostano al genere. Si parte, dunque, da un campo di battaglia nella Britannia del 79 D.C., dove un piccolo bambino dai capelli neri e lunghi assiste al trucidamento dei genitori e della sua fiera stirpe di cavalieri celtici, baluardo della ribellione contro l‘Impero romano, rappresentato nella fattispecie dallo spietato senatore Corvo (Kiefer Sutherland) al servizio dell’imperatore Tito. Il bambino si nasconde tra i cadaveri, ma una volta fuggito viene trovato e trasformato in schiavo. Lo ritroviamo adulto, con la stessa folta chioma e col volto (e il corpo scolpito) di Kit Harington (alias il Jon Snow de Il trono di spade) nei bassifondi di Londinium (l’antica Londra) a massacrare altri schiavi come lui nei combattimenti di bassa categoria.
Viene avvistato da un talent scout, per la sua velocità e l’implacabilità della sua spada. Lo chiamano Hispan… (ooops), il Celta, per la regione dove è stato ritrovato. Viene dunque trasferito a Pompei e lungo il viaggio fa colpo per la sua capacità di “sussurrare ai cavalli” sulla giovane e nobile Cassia (Emily Browning), di ritorno a casa dopo un anno passato nella Capitale, che l’ha disgustata. Il carattere scontroso e la reticenza del ragazzo a dire il proprio nome lo mettono subito in cattiva luce, tanto da finire subito nel campo del radar del migliori dei gladiatori, Atticus, un omone di colore che non può non evocare il compagno d’armi di Massimo Decimo Meridio e che tra l’altro prega alle statuine dei Lari esattamente come faceva Crowe. Al tutto bisogna aggiungere che Corvo è attratto da Cassia, già conosciuta a Roma e che la ragazza è scappata più da lui che dalla città. Ma anche il fatto che il padre di Cassia, Severo (Jared Harris) sposato ad Aurelia (la sempre bellissima Carrie-Anne Moss), ha bisogno dei soldi di Corvo per ammodernare Pompei. Intrighi e giochi di potere che hanno per sfondo i Vinalia e i Giochi gladiatori a essi legati.
I combattimenti dei Giochi sono un concentrato delle tecniche di combattimento di moda finora (affondi di spada e kung fu). Anderson per fortuna ci risparmia il rallenty, ma ripete pedissequamente la scena dei gladiatori che nell’arena diventano un fronte compatto, formando una sorte di testuggine, ed evoca tante altre reminescenze della pellicola di Ridley Scott. Se per una buona oretta dunque il film è in tutto e per tutto Il gladiatore, con la differenza che il protagonista non ha il carisma e la fierezza loquace di Massimo, ma il carattere ombroso e burbero di Jon Snow, il film cambia faccia completamente nella seconda parte, insertando al suo interno il disaster movie, con il Vesuvio che incomincia a eruttare nuvole di fumo grigio e una pioggia di lapilli che sembrano missili della contraerea, mentre la terra si crepa e si apre sotto i piedi dei poveri abitanti della città campana. Quelle palle di fuoco evocano le meteoriti di un qualsivoglia film di Emmerich e nel delirio generale il Celta deve pure impedire che Corvo gli porti via la bella Cassia…
Pompei, pur provandoci, non riesce a offrire nulla di nuovo: nello stile dei combattimenti, nella riproposizione dei temi classici del revenge movie e della fabula trita e ritrita dei due giovani innamorati ostacolati dall’uomo più ricco e maturo. I voti alti vanno principalmente al buon livello di CGI e di effetti speciali utili a ricreare la città dell’epoca, che servono a farci dimenticare la sciatteria di Hercules. Avremmo scommesso che almeno in questo campo quella vecchia volpe di Paul W.S. Anderson non ci avrebbe traditi e avremmo vinto.
Leggi la trama e guarda il trailer del film
Mi piace
Gli effetti speciali: visivamente il film è all’altezza della reputazione di Anderson.
Non mi piace
Pellicola troppo citazionista, incollata al Gladiatore di Scott e Crowe.
Consigliato a chi
È in cerca di un pop-corn movie per staccare il cervello.
Voto: 2/5
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