Un gruppo di ragazzi ricchi, viziati e spietati nella più vecchia e prestigiosa università dell’Inghilterra. Un club esclusivo in procinto di reclutare altri 2 membri, anche loro ricchi e viziati. Come trama potrebbe bastare così. Un po’ poco. Molto poco. Aggiungiamo vizio, alcol, droga, violenza morale e fisica, menefreghismo ed egoismo.
Il risultato è: wow! Un film forte, un calcio in faccia allo spettatore e uno in culo al mondo della meritocrazia, ambito dove gli inglesi si fregiano di eccellere.
Posh è stato presentato in tante maniere, ma la prima cosa che mi è venuta in mente è stato: “Gossip Girl” ambientato nelle atmosfere de “L’attimo fuggente”. Un po’ riduttivo, lo so. Perchè in effetti è molto di più. Il cult con Robin Williams era molto più retorico, astratto, quasi onirico. Questo è reale e spietato, come la regia che indugia su espressioni e movimenti, dettagli. Il tutto corroborato da una sceneggiatura che si adatta perfettamente ai personaggi descritti, sia nelle loro debolezze che nei loro impeti di onnipotenza personale, economica e sociale. Un’accusa alla vecchia e nuova aristocrazia, colpevole di non avere assolutamente nessun legame con la vita reale e con i comportamenti maturi, ma capace solamente di mettere i soldi davanti a tutto, pretendendo di comprare oggetti, sentimenti e persone (emblematica è la scena della distruzione del locale). Un film controverso, che ha diviso il pubblico. A me piace reputarlo uno dei film migliori degli ultmi mesi.
Posh: la recensione di The Rumble
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