Afonso Poyart: “Il film è influenzato da ‘Se7en’ [di cui sarebbe dovut’esser’il sequel] e “Il silenzio degli innocenti”, ma ho cercato di fuggire dal genere. Non credo che ‘Solace’ sia un film s’un serial killer, è sol’il suo strato esterno. Sullo sfondo il film è molto più di questo parlando della vita e della morte, e solleva alcuni interessanti dilemmi morali”. A un canovaccio “erede del cinem’anni Novanta […] sono stat’aggiunti un sensitivo […] che non guarda alla mistica bensì a fondamenti pseudoscientifici e, soprattutto, considerazioni bioetiche sull’eutanasia. […] Perciò sul thriller e la preveggenza di ‘Premonitions’ poggia un ragionamento circa l’implicazioni etiche della ‘buona morte’, […] ma di materiale per una seria riflessione sul tema non ce n’è”. Non ce n’è in quanto l’argomento s’inceppa al primo distinguo, quello fra eutanasia voluta o non voluta, ossia tra suicidio assistito e omicidio, dove giocherebb’un ruol’essenziale il “testamento biologico” mai citato nell’opera seconda di Poyart. Così crolla l’impianto del film o, comunque, lo si risolve in “integralismi teo-con e concessioni pietistiche a uso esclusivamente privato e personale”. Eppure, sul piano dell’intrattenimento, “Premonitions” regge abbastanza, vuoi per l’ottima prova del cast, vuoi per un ritmo da videoclip e la durata che miracolosamente torn’al di sotto dell’ora e 3/4, vuoi poiché il film s’incasina solo nell’epilogo mentre fin lì funziona piuttosto bene, vuoi poiché gl’effetti multimondo alla “Next” (2007) qui sono resi meglio. E vuoi poiché non si posson’usare due pesi e due misure, acclamando saghe hollywoodiane pluridecennali (da “007” a “Star Wars”, da “Jurassic Park/World” a “Indiana Jones” e “X-Men”) mentre la nostalgia verso quanto di buono prodotto 25 anni fa dev’essere maltrattata per principio. Valutare sulla base del franchise è compito (ahimé) dei CEO delle major, giammai dei recensori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA