La pellicola d’esordio dell’artista contemporaneo Mimmo Paladino è un’opera d’arte, nel senso letterale dl termine. Se di solito un dipinto è posto su una parete, una scultura su un piedistallo, Quijote è un’opera “srotolata” su una pellicola.
Un film “non-film” onirico, suggestivo e dall’impatto visivo molto forte: è teatro, è pittura, ma è anche scultura e fotografia; un unicum in cui tutte le arti visive sono legate insieme dalla settima arte, il cinema.
Quijote nasce come un documentario ma poi si fa film grazie alla grande maestria tecnica ed artistica degli autori e del regista; è un catalogo di opere che scorrono, fotogramma dopo fotogramma, ognuna capace di segnare in modo indipendente lo sguardo dello spettatore. Ogni elemento di scena è interpretato dal regista come opera d’arte: è così per i ferri del cemento armato di un edificio demolito, ma anche per le aberranti prospettive di importanti episodi architettonici. Anche le location utilizzate evidenziano l’anacronismo della storia, marcandone l’aspetto onirico e estraniante.
La rilettura dell’opera di Muguel de Cervantes è insomma un pretesto per dare forza visiva e poetica. La storia c’è ma la si percepisce appena, è solo un filo conduttore che consente agli attori di esibirsi su questo insolito palco, ognuno con la propria piece teatrale: da brani di Joyce, di Kafka, di Borges, fino alle improvvisazioni più suggestive e surreali come quelle di Alessandro Bergonzoni e del compianto Lucio Dalla (autore anche delle musiche), che in questa sua partecipazione, nelle vesti di Sancho, confermava la sua passione e la sua predisposizione per il cinema.
Mi piace
La forza visiva di ogni immagine e di ogni scena che costituisce un’opera a se stante
Non mi piace
L’assenza di coinvolgimento emotivo che lo spettatore prova non avendo una storia definita da seguire.
Consigliato a chi
Agli appassionati di arte contemporanea o semplicemente a chi è convinto che il cinema è la forma d’Arte per eccellenza di questo secolo.
Voto: 3/5