Razzabastarda: la recensione di Giorgio Viaro
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Razzabastarda: la recensione di Giorgio Viaro

Razzabastarda: la recensione di Giorgio Viaro

Alessandro Gassman porta anche al cinema il fortunato spettacolo teatrale Roman e il suo cucciolo con cui ha girato a lungo l’Italia, macinando decine di migliaia di spettatori e raccogliendo svariati premi di settore. Storia di un pusher rumeno che vive di una specie di capanna di lamiera alla periferia di Latina, facendo una vita di inferno e compromessi per tirare su il figlio Nicu, adolescente timido e arrabbiato. Nicu del padre si vergogna a morte, liquidandolo con modi bruschi in pubblico e scatenando furiose liti domestiche. Sedotto dai modi ricercati e dalle idee non convenzionali di Talebano – surrogato del padre, tossico e diversamente disgraziato (ma con stile) – il ragazzo finisce a sua volta in un brutto giro, con conseguenze drammatiche per sé e per papà.
Curioso esperimento di cinema non di genere e non d’autore, molto più accostabile alla scena indie italiana che al nostro mainstream, girato in un contrastatissimo bianco e nero, Razzabastarda è condotto da Gassman con una vigorìa sia registica che attoriale senza tregua, monocorde, stancante. Racconto di periferia, straniante fin dalla premessa linguistica (bisogna sospendere un bel po’ di incredulità per credere all’esibito accento zingaro dell’attore/regista) e dall’impianto cromatico, richiede una disponibilità d’animo e d’ascolto che in definitiva non merita fino in fondo, anche se l’intento antropologico e politico resta nobile. Ma la sensazione è che tutto funzionasse molto meglio dal vivo.

Leggi la trama e guarda il trailer di Razzabastarda

Mi piace
Cinea quasi-indie, difficile da collocare, e dagli intenti amirevoli

Non mi piace
Troppo vigore attoriale, abbinato a una confezione povera e al contempo straniante: il film è sfiancante

Consigliato a chi
Ha amato la versione teatrale e vuole riscoprirla al cinema in una nuova veste

Voto: 2/5

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