Ready Player One: la recensione di aleotto83
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Ready Player One: la recensione di aleotto83

Ready Player One: la recensione di aleotto83

Il sottotitolo di “Ready Player One” potrebbe essere “Il paradiso dei nerd”, perché di questo si tratta: visto che il trend culturale del momento è sempre la nostalgia, il revival costante degli anni Ottanta, questo film è un tale condensato di citazioni visive a perdita d’occhio e licenze di ogni tipo che potrebbe mandare la vostra mente di fanboy in sovraccarico!

Nel 2045 il mondo è sovrappopolato da una massa di persone impoverite e talmente disilluse da rifugiarsi h24 in Oasis, un universo virtuale creato dal geniale programmatore James Halliday il quale, prima di morire, ha nascosto al suo interno tre chiavi con le quali designerà il suo erede.
Il giovane Wade è uno dei suoi più grandi ammiratori, oltre che un appassionato di tutto ciò che è parte della cultura pop della fine del ventesimo secolo, ed intraprende la ricerca del tesoro affrontando con furbizia i livelli dell’immenso videogioco.
Nel frattempo anche il perfido boss di un colosso informatico rivale è sulle tracce delle chiavi per impadronirsi di Oasis e riempirlo di pubblicità e contenuti a pagamento: egli è privo di scrupoli e può contare su di un esercito di mercenari senza nome, ma Wade ed i suoi compagni di avventura sono armati di cervello e cuore.

La trama dell’omonimo romanzo del 2011 di Ernest Cline, che firma anche l’adattamento cinematografico insieme a Zak Penn, è difficilmente condensabile sullo schermo nonostante le oltre due ore e venti di durata, ma la struttura imprevedibile del film fa sì che il livello di emozione e meraviglia sia sempre ben bilanciato.
Steven Spielberg coi suoi capolavori ha creato l’immaginario degli anni ’80 e adesso si diverte a remixarlo per le nuove generazioni, ma soprattutto per le legioni di nerd nostalgici, che non avendo ancora un’ Oasis in cui crogiolarsi fino a perdersi, si cibano compulsivamente di serie su Netflix e di film tratti dai fumetti.
Nessuno sa creare e mantenere viva sullo schermo la meraviglia come lui: gli aneddoti pop e le curiosità contenute in “Ready Player One” sono talmente tanti che parlarne nel dettaglio potrebbe rovinare alcune gustose sorprese.
Ad una prima visione gli occhi non riescono a registrare tutti gli elementi che lo schermo ci lancia contro, a partire da una corsa scatenata con la DeLorean di “Ritorno al Futuro” e la moto di “Akira” con ostacoli del calibro del T-Rex di “Jurassic Park” e King Kong; più avanti vedremo anche i robot Gundam ed il Gigante di Ferro, insieme alle citazioni più impensabili.
“Ready Player One” è come se il più grande regista vivente si fosse divertito a rovesciare (quasi) tutti gli elementi della cultura pop anni ’80 e ’90 in un gigantesco frullatore, per poi riversarne il prodotto su di una trama suddivisa in prove di sopravvivenza in stile “La Fabbrica di Cioccolato”.
L’avventura inizia nel mondo virtuale e poi per assurdo approda in quello reale, racchiude tanti generi cinematografici finché ad un certo punto si trasforma in un film degli anni ’80 per trama e stile.
Sono tanti i tocchi da maestro che ci permettono di riconoscere la narrazione registica di Spielberg, ma il colpo di genio più sorprendente è l’omaggio tramite cui fa rivivere sul grande schermo un cult indimenticabile del 1980, da rimanere a bocca aperta!
Per la seconda volta dopo “Il Ponte delle Spie” Spielberg non ha potuto contare come di consueto su di una partitura musicale di John Williams, dato che il maestro ottantaseienne stava ancora lavorando a “The Post”, e ha avuto la brillante idea di ingaggiare Alan Silvestri, compositore di riferimento di Robert Zemeckis, che ha riempito “Ready Player One” di musiche dal sapore molto retrò e soprattutto di echi della gloriosa colonna sonora di “Ritorno al Futuro”.

Ma perché il risultato finale abbia consistenza, le meraviglie tecniche devono essere corroborate da interpretazioni convincenti di attori in carne, ossa e performance capture: il giovane protagonista Tye Sheridan, anche se lo vediamo molto più spesso nei panni digitali del suo avatar Parzival, è il classico personaggio spielberghiano, ovvero un sognatore idealista per il quale l’ossessione di realizzare il proprio scopo prevale sulla personalità.
Mark Rylance, nel ruolo del solitario mago dell’informatica, è ormai il nuovo attore di fiducia di Spielberg, che lo ha scoperto con “Il Ponte delle Spie” e poi trasformato ne “Il GGG”, mentre Ben Mendehlson, già istrionico antagonista in “Rogue One – A Star Wars Story”, qui incarna il cattivo in giacca e cravatta tipico dei film di 30 anni fa, dal nome improbabile di Nolan Sorrento!

“Ready Player One” esce in sala poco più di un mese dopo lo splendido “The Post”, in cui il regista mette in scena uno strepitoso thriller giornalistico alla vecchia maniera con due mostri di bravura come Meryl Streep e Tom Hanks, in uno stile che non potrebbe essere più diverso dal film di cui vi sto parlando, ma Spielberg è solito alternare film impegnati a pellicole in cui il fantastico prende il sopravvento sul reale, basti pensare al caso emblematico del 1993, quando girava “Schindler’s List” in Polonia mentre via satellite perfezionava la post-produzione di “Jurassic Park”.
Mi sembra però di capire che in entrambi i suoi film più recenti il maestro utilizzi abilmente le suggestioni di passato (“The Post”) e futuro (“Ready Player One”) per mostrarci i pericoli e le seduzioni del tempo presente: alzi la mano chi non ha capito che quella massa di ebeti che camminano per strada coi visori sugli occhi in realtà siamo già noi, con lo sguardo incollato sugli smartphone, mentre ci aggiriamo tra la folla col passo incerto.
Questo film di fantascienza in fondo parla di persone che riescono a esprimersi benissimo in rete, ma che hanno invece difficoltà a fare i conti con le proprie emozioni e le relazioni interpersonali nella vita vera.

La parte distopica del futuro sovrappopolato cede fin troppo volentieri il posto all’evasione nel mondo virtuale e alla ricerca dell’eredità del fondatore di Oasis, insomma Spielberg ancora una volta sembra volerci dire che fatica a mostrarci le cose negative e preferisce farci sognare ad occhi aperti.
Ma va sempre benissimo così: “Ready Player One” potrà non brillare per originalità, potreste anche non cogliere tutti i riferimenti che vi vengono sparati contro in immagini, gesti e parole ogni secondo della pellicola, ma resta comunque una ingegnosissima e dannatamente divertente fuga dalla realtà.

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