Rec 3 - La genesi: la recensione di Gabriele Ferrari
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Rec 3 – La genesi: la recensione di Gabriele Ferrari

Rec 3 – La genesi: la recensione di Gabriele Ferrari

C’è un momento che più di tutti definisce l’essenza di [Rec] La genesi, (presunto) prequel della saga firmata Balaguerò/Plaza che dovrebbe preparare il campo al capitolo conclusivo, l’imminente [Rec] Apocalypse. Pochi secondi che vorrebbero essere sagaci, brillanti e metacinematografici e che, in fin dei conti, risultano solo un po’ irritanti. Siamo al ricevimento di matrimonio di Clara e Koldo, sposini novelli, protagonisti del film, interpretati con alterne fortune (su Clara torneremo, Koldo ce lo siamo già dimenticati mentre scriviamo) da Leticia Dolera e Diego Martin. Stiamo sopportando da svariati minuti il solito assemblaggio un po’ approssimativo di riprese amatoriali, quel found footage che sta, pessima pellicola dopo pessima pellicola, scavandosi la fossa da solo. Ancora niente zombie né mostri assortiti in vista, solo uno zio un po’ matto che, prendendo più di un’ispirazione dallo Splatters di Peter Jackson, mostra ai parenti la sua più recente disavventura: una ferita sul polso, cortesia di un cane idrofobo incontrato la mattina stessa.
La noia si sta facendo strada, e anche un po’ di nausea; colpa dell’incapacità di chi riprende, ed è qui che sulla scena dello sposalizio arriva un regista professionista, ingaggiato dagli sposi per dare un’aria meno raffazzonata al ricevimento, chiaramente fiero di sé e del fatto di essere pronto a salvare capra e cavoli. «Le tue riprese fanno schifo» dice all’amatore che, camera alla mano, ci ha accompagnato fin lì con polso non del tutto fermo. «Ora ti faccio vedere come si fa». Il regista (nel film) è il regista (del film) Paco Plaza, e di lì a pochi minuti l’esplosione del virus, causata ovviamente dallo zio di cui sopra, provocherà non solo il prevedibile massacro, ma anche la distruzione di tutte le camere amatoriali.

Sono trascorsi quaranta minuti circa di nulla assoluto e il terzo [Rec], per meta-bocca del suo regista, abbandona definitivamente la sua natura di found footage per diventare fiction fatta e finita. A proposito di sospensione dell’incredulità. La genesi, per farla breve, più che un film è la somma di due mediometraggi. Il primo è un found footage senza elementi di interesse e con ammiccamenti nemmeno troppo sottili al triste destino del genere che lo stesso primo capitolo aveva contribuito nel suo piccolo a migliorare. Il secondo, quello che comincia nel momento in cui Paco Plaza decide di cominciare a girare un film “classico”, è una commedia splatter con punte di assurdo, riferimenti continui ai classici del genere (dal già citato Splatters a L’alba dei morti dementi), tentativi di slapstick comedy, humor nero, one liner memorabili. Ambientata interamente nella villa in cui si tiene il ricevimento, è la classica corsa alla sopravvivenza dei due sposini e di qualche selezionato amico, con punte di massacro quando la situazione si fa complessa.
Problema: se la prima metà di [Rec] 3 si (s)qualifica da sola, con la seconda non andiamo poi meglio. C’è gore, e ce n’è in abbondanza, questo è innegabile: il punto è che il regista è convinto che l’ultraviolenza sia un fine e non un mezzo, una scelta estetica sufficiente a far camminare un film sulle sue gambe. Plaza è cresciuto a pane e video nasty, ma gli manca sia il senso dell’umorismo necessario a far brillare lo splatter di luce propria, sia la personalità e la voglia di trascendere i limiti che rende memorabile un horror.
C’è qualcosa che si salva, per fortuna, al di là di qualche risata crassa che fa capolino qui e là: parliamo di Leticia Dolera, sposa folle e deliziosa, che armata di motosega massacra zombie su zombie all’urlo di «questo doveva essere il MIO giorno!». Quasi una copia in nero della Dakota di Planet Terror, è bella, selvaggia, spiritata e soprattutto sembra credere molto in quello che fa: è lei che regge il film, unico elemento di indiscutibile interesse in quello che altrimenti è un mezzo film malriuscito, con in più il grave difetto di credersi molto più furbo di quello che è.

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Mi piace
Leticia Dolera è una protagonista efficace e a tratti esilarante. Qualche risata qui e là.

Non mi piace
L’assoluta inutilità dei primi tre quarti d’ora di film. L’approccio meta-cinematografico loffio e prevedibile.

Consigliato a chi
Vuole godersi quaranta minuti di discreto bagno di sangue e riesce a sopportare la noia che lo precede.

Voto: 2/5

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