L’omologazione del cinema di genere (e non solo) su Netflix resta un problema, almeno in ottica cinefila. Il legame di Domenico De Feudis, con Riccardo Scamarcio e l’argentina Mia Maestro, risponde a logiche produttive glocal e a un impianto formale che nella piattaforma sono ovunque.
Il film riprende un cortometraggio dello stesso regista che gira attorno al tema del malocchio, una forma di magia nera che ritorna nelle tradizioni del Sud Italia. Ne cade vittima la piccola Sofia che, assieme alla madre, segue il papa adottivo nella sua villa di famiglia, al centro di una tenuta circondata da ulivi centenari. Local è quindi l’ambientazione e l’immaginario dietro al racconto, globale tutto il resto. Cioè l’estetica del “mostro” (perché alla fine sempre su un mostro si va a finire), che si rifà a un’iconografia che a partire dal J-horror è stata saccheggiata ovunque negli ultimi vent’anni, il cast transnazionale, lo sguardo turistico sulle location, le dinamiche del racconto.
Il film, intendiamoci, è girato con grande professionalità, e non sfigura accanto al gran numero di thriller e horror latini – spagnoli soprattutto – che si trovano sulla piattaforma. Il problema, piuttosto, è che si confonde con essi. Sui titoli di coda scorrono foto d’epoca di uomini e donne in preda al malocchio, in pratica posseduti, e sono realmente spaventose. È come se improvvisamente il contesto prendesse vita, solo che il film è finito. Manca esattamente questo a Il legame, l’intimità con il territorio e la sua gente, lo sguardo che documenta, il suono del dialetto. Basti pensare alla scelta paradossale di far recitare la madre del protagonista, Mariella Losardo, che dovrebbe incarnare il passato e la tradizione magica della sua terra, in uno sfavillante italiano teatrale, senza ombra di dialetto.
In definitiva Il legame è un film “che fa mucchio” nel catalogo Netflix, serve a rimpolpare l’offerta di horror della piattaforma con un prodotto ben composto e senza carattere. Un prodotto che funzionerà probabilmente meglio con il pubblico internazionale che con quello italiano. Capita quasi sempre quando gli americani vengono a girare da noi e in fondo – nonostante progetto e produzione siano italiani – è quello che succede anche qui.
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