È di nuovo tempo di tornare zitti e buoni. È uscito infatti nelle sale A Quiet Place – Giorno 1, prequel e spin-off dei due piccoli ma riusciti horror sci-fi prodotti e diretti da John Krasinski, star di The Office e marito della co-protagonista della saga Emily Blunt. Questa volta però non siamo vicini alla famiglia Abbott, ma torniamo indietro nel tempo per scoprire come sia iniziata l’invasione aliena che ha ridotto al mondo al silenzio.
L’ambientazione non sono più i tranquilli ma insidiosi boschi della contea di Dutchess, ma la rumorosissima New York, la città che non dorme mai e che, come ricordato, produce costantemente decibel pari ad un urlo a squarciagola. Non proprio l’ideale per far fronte ad alieni col super-udito, interessati a quanto pare a nient’altro che cacciare ogni fonte di rumore sulla Terra.
Rispetto ad altri horror, A Quiet Place è stato sempre caratterizzato da un taglio poco scientifico e più intimista: neppure il prequel con protagonisti la premio Oscar Lupita Nyong’o e Joseph Quinn (volto di Eddie Munson in Stranger Things e prossima Torcia Umana dei Fantastici Quattro) è infatti interessato a offrirci maggiori informazioni sulla natura degli alieni, le loro intenzioni e cosa il mondo militare stia facendo per contrastarli. Seguiamo invece le vicende di Sam, malata terminale di cancro che malauguratamente si trova nella Grande Mela quando ha inizio il caos.
A Quiet Place – Giorno 1, però, non è neppure un altro survival horror come i primi due capitoli, perché sin da subito abbiamo chiaro che a Sam sopravvivere non interessa, non oltre un certo punto. Le sue condizioni di salute la rendono indifferente rispetto alla possibilità di essere brutalmente uccisa dalle creature che hanno costretto le autorità a bombardare i ponti che collegano Manhattan con la terraferma, per nulla intenzionata a raggiungere le barche che attendono i silenziosi superstiti della prima ondata.
Una volta acquisite le nozioni base – gli alieni hanno un super udito e non sanno nuotare, entrambe informazioni già rivelate in A Quiet Place e relativo sequel – Sam va in direzione contraria per esaudire il proprio ultimo desiderio. Sulla strada incontra Eric, spaventatissimo cittadino britannico che invece dice chiaro e tondo che non ha intenzione di morire lì, in quel modo. Quella che segue è quindi una storia che vive delle fascinazioni offerte dalla premessa della saga e delle via via sempre più pericolose situazioni nelle quali si ritrovano, ma tutto va in direzione di un finale intimo, commovente e che affonda le sue ragioni nell’idea stessa alla base di A Quiet Place.
La domanda, il “what if” narrativo dal quale è partito tutto infatti non è mai stato “Cosa succederebbe se degli alieni costringessero il mondo al silenzio?“, ma “Cosa farebbero i genitori per proteggere i figli nel peggior scenario possibile?“. John Krasinski, da padre, si è immaginato di dover proteggere una figlia sorda e un neonato in un mondo improvvisamente muto, mentre per il personaggio di Lupita Nyong’o la questione è ancora più sottile.
L’invasione degli alieni dal super-udito, infatti, si pone come una sorta di manifestazione estrema della delusione e paura di Sam, poetessa che tuttavia a causa del cancro e dell’imminente prospettiva di morte non riesce più a scrivere. Le parole declamate hanno rappresentato la sua vita e fortuna (ha pubblicato un libro), mentre la musica e le note la ricollegano al passato e al padre. Perse sia le prime che le seconde, il mondo di Sam è sprofondato nel silenzio ben prima che gli alieni costringessero la città da 90 decibel ad un sibilo, ed è questo il collegamento allegorico-romantico che rende A Quiet Place – Giorno 1 pienamente integrato al resto del progetto, ben più che la presenza del personaggio di Djimon Hounsou, unico volto già conosciuto dal pubblico grazie al secondo film del 2022.
Purtroppo, al di là di questa ispirazione siamo di fronte ad un prequel spin-off che offre poco in termini di novità, se non un ulteriore aumento del livello di difficoltà intrinseco nell’ambientazione e la suggestione di vedere come se la sia cavata l’umanità nelle primissime ore dell’invasione e senza sapere nulla delle creature in questione. Sono labili le stesse motivazioni dei due protagonisti, buttati nel caos e costretti con la sola forza del tempo presente a creare un legame con lo spettatore che non sempre si crea o ha forza sufficiente a trascinarlo verso il finale.
Considerando le caratteristiche dei primi due film e per aggiornare la chiusura usata nella recensione del secondo film, si può dire A Quiet Place è stato un bel film con un finale bellissimo, il sequel un bellissimo film con un bel finale e questo prequel un film così così con un finale “ok”.
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