Anora, ritratto di un'altra giovane in fiamme. La recensione del film vincitore di Cannes 2024
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Anora, ritratto di un’altra giovane in fiamme. La recensione del film vincitore di Cannes 2024

Sean Baker (Un sogno chiamato Florida) torna al Festival con un film travolgente che segue la storia di una giovane lap dancer ed escort

Anora, ritratto di un’altra giovane in fiamme. La recensione del film vincitore di Cannes 2024

Sean Baker (Un sogno chiamato Florida) torna al Festival con un film travolgente che segue la storia di una giovane lap dancer ed escort

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La cosa più eccitante di un Festival come Cannes è, ogni anno, la scoperta di un paio di opere travolgenti, che è subito chiaro segneranno tutto l’anno a venire – e forse il corso del dibattito sul cinema del presente, almeno per un po’. Non voglio nemmeno mischiare questa prospettiva con un giudizio di merito, si tratta di film più o meno riusciti, ma, appunto, destinati a travolgere le altre visioni. Lo scorso anno era successo con Anatomia di una caduta e con La zona di interesse, quest’anno è successo con Emilia Perez, con The Substance e ora con Anora di Sean Baker.

Il regista viene da film come Tangerine e Un sogno chiamato Florida ed è una presenza fissa a Cannes, una delle punte del cinema indipendente americano. Il suo cinema assomiglia un po’ a quello dei fratelli Safdie (quelli di Diamanti grezzi), ancora di più ora che dalla provincia americana ha deciso di spostarsi a New York. Anora racconta un paio di settimane nella vita di una lap dancer (Mikey Madison, fantastica) che arrotonda facendo la escort, fino a quando non conosce il figlio poco più che adolescente di un oligarca russo. I due passano un paio di serate assieme, poi una settimana, fino a quando non decidono di sposarsi a Las Vegas. Ed è qui che intervengono prima una squadra di gorilla armeni, e poi direttamente la famiglia, in arrivo dalla Russia con un jet privato.

Anora ribalta i cliché dei film di gangster, tutte le mitologie scorsesiane in particolare, partendo da un sentimento generazionale, dalla sensazione che il mondo stia lentamente sfuggendo ai suoi padroni di fronte a un gap fisico, linguistico e tecnologico – quindi di sensibilità, di energia vitale – non più colmabile. In Anora tutti i ragazzi in qualche modo si capiscono – che siano guardie o ladri, ricchi o poveri, delinquenti o integrati – ma, appena si salta di una generazione, è il buio. Nella straordinaria scena dell’irruzione nella villa, i rapporti di forza tra la protagonista e i gorilla russi sono costantemente invertiti rispetto alle abitudini del cinema di genere: non è solo una questione di tono (commedia, dove ci aspetteremmo il dramma), è una questione di ruoli.

Sean Baker costruisce attorno a questa idea un ritratto femminile potente, una donna in cui ingenuità, testardaggine e senso della morale si combinano in una forma di vitalità che non può che conquistare e commuovere. Nel suo viaggio al termine della notte, alla ricerca del marito che per sfuggire alla famiglia si è dato al vagabondaggio tra discoteche e night club, Anora razionalizza pian piano il senso di quel che le sta accadendo, ma non per questo deroga al suo sguardo sul mondo: che è limpido e onesto, che poggia sui principi con i quali l’America le (e ci) riempie le orecchie – libertà, diritti, proprietà privata. E che alla prova della realtà si rivelano naturalmente solo parole.

E così mentre un jet russo che trasporta un oligarca atterra senza problemi sul suolo americano e un giudice newyorkese si mette a disposizione, attraverso lo sguardo di Anora crolla non solo il senso di un amore e la prospettiva di una vita migliore, ma l’intera impalcatura ideologica dell’America liberale.

Dentro a questo film – che quindi, come tutti i grandi film sull’America, è un film sulla lotta di classe – ce n’è però un altro, che è sì commedia, è sì thriller, ma è soprattutto una doppia storia d’amore. Quella di Anora per il suo bel ragazzo russo, e quella del gorilla più giovane, che si innamora della sua anima onesta e fiammeggiante, osservandola sempre dall’angolo dell’inquadratura (proprio come accade a noi). Una doppia spirale che il film, scritto magnificamente, cuce infine assieme attraverso un’ultima scena perfetta.

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