È un periodo complesso per muovere qualsiasi critica ai cinecomic, di qualsiasi “fazione” si tratti. Da un lato la Marvel nel pieno della sua superhero fatigue, dall’altro il tentativo della DC di recuperare terreno perso ed evitare al contempo di andare incontro a prodotti troppo simili a quelli che iniziano a dimostrare segni di cedimento al botteghino. L’era di James Gunn è alla porte, ma restano ancora alcuni progetti da smaltire e uno di questi è Blue Beetle, da pochi giorni uscito nelle sale di tutto il mondo.
Rispetto a The Flash e al prossimo e ultimo Aquaman and the Lost Kingdom, il film diretto da Ángel Manuel Soto ha dalla sua un grosso vantaggio: la libertà di non doversi legare a doppio, triplo o quadruplo filo con altri prodotti dell’universo DC, trovandosi sospeso in uno strano limbo tra passato (DCEU) e futuro (DCU). Jaime Reyes (interpretato dalla star di Cobra Kai, Xolo Maridueña) non è mai apparso sul grande schermo e non era neppure stato pensato per il grande, ma se da un lato gli studios hanno tagliato (vedasi il caso Batgirl), dall’altro hanno promosso l’eroe latino americano ai gradi di uscita theatrical.
Se ne capiscono i motivi: Blue Beetle è forse il più semplice e liminare cinecomic possibile, un ibrido tra origin story e coming of age di un giovane supereroe che ha poco in comune con quanto visto sinora nella filmografia di genere legata ai prodotti DC Comics. Anzi, per certi versi si tratta del più marvelliano dei personaggi: lontano dai tratti divini di Superman e dalle megalomanie e dai traumi di Batman, Jaime è la risposta a Peter Parker con una generosa spruzzata di Iron Man. Ovvero un ragazzo qualsiasi che entra in possesso di una tecnologia tanto misteriosa quanto potente che gli cambia per sempre la vita
Più che mai supereroe non per sua volontà, a rendere unica la storia del ragazzo di Palmera City è il legame con i suoi affetti: il manuale prevede che l’eroe tenga segreta la sua identità alla famiglia, per non metterla in pericolo e via dicendo, ma nel caso di Blue Beetle questo archetipo viene sovvertito. Mamma, papà, zio, sorella e simpaticissima nonna (inaspettata spalla comica) sono lì quando l’armatura senziente prende il controllo del corpo di Jaime, trascinando anche loro in una storia dai risvolti tragici per tutte le parti in causa. Questa scelta è strettamente legata alle origini latino americane del personaggio: Ángel Manuel Soto ha voluto ribadire la centralità del focolare domestico nella comunità latina adattandola ad un contesto supereroistico, con buoni risultati, soprattutto per chi potrà identificarsi con le minuzie di casa Reyes – come il cibo, gli altarini religiosi e la tv perennemente sintonizzata su una telenovelas.
Per il resto, Blue Beetle torna veramente alla base del genere, tratteggiando il più classico dei viaggi dell’eroe, mettendolo di fronte a prove e tragedie che ne formino il carattere ma che soprattutto gli facciano accettare la sua condizione e il nuovo mondo del quale è entrato a far parte. Non rinnova e non stravolge, il che da un lato è un aspetto che ne depotenzia la memorabilità ma dall’altro è come se premesse il pulsante reset. Tornati alle origini, ora i cinecomic di casa DC possono prendere qualsiasi direzione e l’ascesa di James Gunn suggerisce che l’approccio non sarà diverso e che continuerà anzi col voler passare con un colpo di spugna sui resti dello Snyderverse, più interessato a drammi epici e a toni dark and gritty.
Non è ancora chiaro se Jaime Reyes tornerà a far parte del DCU, ma è stato comunque annoverato come suo primo eroe ufficiale. Le porte aperte per il futuro sono state lasciate aperte, ma molto dipenderà ora anche da quanto ritardo causerà lo sciopero di attori e sceneggiatori. Le potenzialità per far parte di un nuovo corso votato alla leggerezza ci sono tutte: Blue Beetle ha passato il test d’ingresso, ampiamente alla portata, soprattutto considerando che la sua destinazione iniziale era il piccolo schermo. Cosa ne sarà di lui, è un mistero che solo James Gunn potrà svelare.
Foto: Warner Bros.
© RIPRODUZIONE RISERVATA