Come nella vita, anche nel cinema il tempismo può essere tutto. Non sono rare storie di film poi diventati cult che tuttavia sono usciti in periodi storici sbagliati (Donnie Darko, nelle sale sei settimane dopo l’11 settembre 2001) o si sono ritrovati accanto una concorrenza spietata (Basil l’investigatopo e Fievel sbarca in America, usciti a poca distanza l’uno dall’altro). Nel caso di Elemental e per spiegare la tiepida accoglienza di pubblico e critica, è un mix di entrambe le cose. Il nuovo film Pixar, però, merita attenzione e un applauso per il non banale approccio alla materia e ad un genere raramente trattato nel mondo dell’animazione.
Elemental è una storia d’amore nella sua accezione più ampia, nella città degli elementi in cui convivono terra, aria e acqua, mentre i fuochesi sono invece relegati ai margini, in una sorta di ghetto o Little Fire. Qui vivono Ember e la sua famiglia, proprietaria di un negozio di prodotti alimentari destinati proprio a persone come loro. Il sogno di Ember, sulla carta, è ereditare il negozio dallo stanco e quasi spento padre, ma sulla sua strada incontra un piagnucolone ispettore del comune, l’acquatico Wade, costretto dal suo lavoro a far chiudere il negozio per alcune irregolarità. Il loro incontro/scontro li porterà sempre più vicini, per provare a salvare il negozio e dare risposta pratica al più celebre detto sull’amore: gli opposti si attraggono davvero? E c’è speranza di felicità, per loro?
Diretto da Peter Sohn (già scottato dal flop de Il viaggio di Arlo), Elemental è un film in cui il titolo è tutto un proverbiale programma, una sorta di nomen omen: la narrazione è ridotta ai termini essenziali, una pura e semplice rom-com quasi anacronistica rispetto alla complessità del gusto moderno. Questo è il primo ostacolo al suo successo: paragonato con il contemporaneo Spider-Man: Across the Spider-Verse, Elemental va esattamente dalla parte opposta per ritmi, intreccio e profondità, ricordandoci che non di soli Multiversi e abbaglianti effetti visivi vive l’animazione.
Lo dimostra, per esempio, la scelta di rinunciare a veri elementi di antagonismo esterno: il world building di Elemental non è poi molto diverso da quello di Zootropolis, entrambi sono ambientati in città popolate da varie identità dalla difficile convivenza, ma rispetto alla trama a suo modo thriller del Classico Disney, il film Pixar resta sulla superficie e si limita a raccontare una storia d’amore a vari livelli. Verso gli altri ma soprattutto verso se stessi: Ember non deve solo capire quale sia il suo posto nella città, ma anche i suoi veri sentimenti verso la strada tracciata dai genitori e dalla sé bambina. Nessun villain, nessun piano malvagio da sventare: “Solo un ragazzo d’acqua che sta di fronte ad una ragazza di fuoco e le sta chiedendo di amarlo“, per parafrasare un caposaldo della commedia romantica come Notting Hill.
Il primo tema si mescola poi con alcune sotto-trame altrettanto evidenti e che tuttavia nel periodo storico attuale (secondo ostacolo) in cui ogni tentativo di parlare di inclusione, accettazione dell’altro ed empatia viene tacciato di essere espressione di una presunta agenda globalista “woke”, rischiano di compromettere la percezione di Elemental e le sue intenzioni. La storia della famiglia di Ember è chiaramente una storia di migranti: una Sacra Famiglia che ha lasciato la Terra del Fuoco in cerca di futuro e che dopo un viaggio in nave cerca riparo di porta in porta. Il modo in cui vengono isolati e tacciati gli elementali di fuoco, inoltre, è altrettanto chiaramente un tentativo di parlare di razzismo, inclusività e altri temi all’ordine del giorno e sui quali per molti versi ancora oggi c’è profondo disaccordo sociale.
Elemental si trova quindi a camminare su un filo narrativo sottile che divide la semplicità dalla retorica: non vuole creare complesse trame e neppure appesantire il dibattito politico-sociale, ma limitarsi a mettere in (bellissima) scena e con umorismo una storia d’amore tra elementi opposti, veicolando l’idea e la suggestione che pure acqua e fuoco possano coesistere. Una suggestione che, uscendo dalla metafora, vuole forse ricordare che nella realtà di tutti i giorni queste differenze elementali non esistono e che omnia amor vincit.
Foto: Pixar
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