Il vero Easter Egg è il cuore: un altro punto di vista su Free Guy
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Il vero Easter Egg è il cuore: un altro punto di vista su Free Guy

Recensione dell'ottimo film di Ryan Reynolds, un action movie sfrenatamente citazionista

Il vero Easter Egg è il cuore: un altro punto di vista su Free Guy

Recensione dell'ottimo film di Ryan Reynolds, un action movie sfrenatamente citazionista

free guy recensione
PANORAMICA
Regia (4)
Sceneggiatura (3.5)
Fotografia (3)
Montaggio (3.5)
Colonna sonora (4.5)
Effetti speciali (4)

Guy (Ryan Reynolds) è un PNG, ovvero un personaggio non giocante in un videogioco open world chiamato Free City e vagamente ispirato a GTA, dove cioè i giocatori guadagnano punti in gran parte attraverso attività criminali. La routine virtuale di Guy si inceppa però quando incontra per caso l’avatar di Millie (Jodie Comer), mandando in soffitta i suoi schemi di comportamento e aprendogli le porte del libero arbitrio: è il cuore del film, la relazione sentimentale tra un’intelligenza artificiale e una programmatrice che tenta di riprendere possesso del suo videogioco. Millie ha infatti creato l’architettura informatica dei personaggi, dandogli la possibilità di apprendere, evolvere e sviluppare aspirazioni e desideri, ma il suo lavoro è stato rubato da una multinazionale guidata dal cinico Antoine (un Taika Waititi in gran forma). Che ora vuole disattivare il gioco prima che il suo furto venga a galla.

Action movie sfrenatamente citazionista (ma in questo contesto si chiamano easter eggs…), Free Guy dimostra di essersi meritato il passaggio a un Festival prestigioso come Locarno. Non solo opera una crasi intelligente tra Ready Player One e The Truman Show, ma gli conferisce un’anima sentimentale che fa pensare a Her o addirittura a Blade Runner, e che viceversa era la maggior lacuna nella serie Westworld, incapace di librarsi sopra un fiacco discorso politico e al di la del piacere enigmistico. Nel farlo aggiunge inoltre un capitolo forse decisivo all’annosa questione di come ibridare il linguaggio del cinema con quello del videogioco. Torna infatti – come già nel film di Spielberg – sul concetto di open world quale arena videoludica ideale (aperta, appunto) per una messa in abisso del racconto cinematografico, ma del linguaggio dei gamer importa anche tormentoni, vocabolario e volti (alcuni degli streamer più famosi al mondo, ovvero i ragazzi che giocano e commentano in diretta i videogames), spostando il discorso dalla fantascienza distopica a una forma di narrazione perfettamente contemporanea, e quindi, in prospettiva, databile.  

Free Guy è un film che può sembrare fin troppo ammiccante nei confronti della generazione Z, e tuttavia lavora sul linguaggio del mainstream con profonda cinefilia, rivolgendosi a un ventaglio di appassionati molto più ampio, come dimostrano anche le tante citazioni che risalgono i decenni, da Il mio amico Arnold a Ralph Supermaxieroe. È divertente, romantico e usa in modo folgorante le varie proprietà intellettuali della Disney. Infine ragiona in filigrana sugli aspetti più dozzinali dell’azione con cui ci bombardano i sensi franchise action come Fast & Furious o Mission: Impossible, rendendone trasparente – e triviale – l’origine informatica. 

Se per un blockbuster estivo vi pare poco…

Foto: Walt Disney Studios

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