One Piece, Gomu Gomu sì! Il live-action colpisce nel segno. La recensione della serie Netflix
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One Piece, Gomu Gomu sì! Il live-action colpisce nel segno. La recensione della serie Netflix

Tra mille timori, l'adattamento del manga di Eiichirō Oda è arrivato sulla piattaforma, ma non temete: lo spirito originale dell'opera è ben presente

One Piece, Gomu Gomu sì! Il live-action colpisce nel segno. La recensione della serie Netflix

Tra mille timori, l'adattamento del manga di Eiichirō Oda è arrivato sulla piattaforma, ma non temete: lo spirito originale dell'opera è ben presente

one piece serie netflix recensione
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Lo abbiamo pensato tutti, fan e non: “One Piece sarà l’ennesimo adattamento inguardabile, soprattutto perché dietro c’è Netflix“. Di motivi per partire così prevenuti, per la verità, ce ne sarebbero molti: la piattaforma con la N rossa negli ultimi anni ha sfornato una quantità impressionante di prodotti mediocri se non addirittura pessimi, collezionando ben pochi acuti (uno su tutti: The Sandman); adattare un manga in live-action, inoltre, è considerata impresa quasi impossibile. One Piece forse non sarà mai considerabile un capolavoro, ma per una volta hanno centrato il punto.

Disponibili dal 31 agosto 2023 su Netflix, gli otto episodi della prima stagione inaugurano quel lungo viaggio iniziato ormai 27 anni fa e del quale ancora non si intravede la fine cartacea. Si parte dalla saga Romance Dawn, quella in cui viene settato il mondo piratesco creato da Eiichirō Oda e pubblicato per la prima volta il 22 luglio 1997 sulla rivista settimanale Weekly Shōnen Jump. Spazio quindi all’esecuzione del Re dei Pirati Gold Roger e dell’inizio della caccia al suo leggendario tesoro che dà il titolo all’opera; quindi ecco Monkey D. Luffy, giovane pirata convinto di diventarne l’erede e possessore dei poteri del Frutto del Diavolo Gomu Gomu No Mi in grado di trasformare il suo corpo in gomma.

Rispetto alla portata epica del manga e dell’anime, per i fan di One Piece potrebbe risultare addirittura “infantile” tornare così tanto alle origini: la serie avanza passo passo nelle prime avventure di Luffy (interpretato da Iñaki Godoy) che comprendono il reclutamento dei primi membri della ciurma dei Pirati di Cappello di Paglia – ovvero Zoro, Nami, Usop e Sanji – e la presentazione di alcuni volti iconici per la saga, come Shanks il Rosso, il viceammiraglio Garp e Bugy il Clown. Considerando a che punto è arrivata ora la storia del manga e dell’anime, è inevitabile la sensazione di trovarsi di fronte ad un prodotto in tono minore, eppure…

Eppure il live-action di One Piece ha davvero colpito nel segno. Avvantaggiato dal coinvolgimento diretto di Eiichirō Oda, ha evitato di cadere negli errori che solitamente hanno condannato a morte artistica altri adattamenti di popolari manga – per citarne due: Dragon Ball Evolution e la più recente serie su Death Note. Insensati stravolgimenti narrativi, personaggi modificati perché ritenuti inadatti o inadattabili e una generale povertà di mezzi hanno pesato come macigni su questi prodotti. Ma non su One Piece: una delle serie più costose mai fatte (18 milioni a episodio, solo Stranger Things con 30 ha fatto di più) ha mantenuto un livello di fedeltà addirittura filologico al materiale originale, modificando qua e là solo per contrarre al meglio storie e personaggi e adattarli per un medium diverso, che in quanto tale ha necessità di avere ritmi e un respiro diversi.

Nonostante questo, lo spirito dell’opera è quello: rispetto ad altri shōnen, ovvero quel tipo di manga rivolto prevalentemente ad un pubblico di ragazzi adolescenti, viene sì mantenuta la tendenza a mettere i protagonisti di fronte a sfide sempre più difficili e battaglie sempre più epiche, ma l’unicità di One Piece è nel tono scelto per il suo protagonista. Luffy ha spesso dimostrato di essere duro e puro quando serve, ma per la maggior parte del tempo è un ragazzo tanto sciocco quanto di cuore, che insegue il suo sogno di diventare il Re dei Pirati senza mai perdere il sorriso (salvo nei momenti più intensi e drammatici che, si spera, la serie arriverà a raccontare). Libertà è la parola d’ordine, un diktat che vale sia per l’autore che per la sua opera. 

Per chi non è familiare con il mondo, e soprattutto il tono, di Oda, la serie One Piece potrebbe sicuramente risultare al limite del pacchiano, eccessivamente colorata e “plasticosa”, ma questo sarebbe un limite dovuto in primis alla genuina e legittima ignoranza del prodotto e alla difficoltà intrinseca propria di ogni adattamento live-action di un manga. Costumi, scenografie e coreografie sono pensate per il cartaceo o al massimo per l’animazione non riusciranno mai a rendere al meglio, il mondo stesso è costruito su una base fantastica che non avrà mai una controparte realistica, ma questo è uno scoglio mentale da superare perché né One Piece né qualsiasi altra operazione del genere potranno mai rendere credibili certi aspetti.

A questo punto la domanda potrebbe virare sull’ontologico: ha davvero senso adattare un manga in live-action? Si possono ritrovare le stesse sensazioni ed emozioni, restituire la stessa epicità e immedesimazione narrativa? One Piece in parte ci riesce e gli va riconosciuta la genuina bontà del tentativo: il cast è devotamente al servizio dei personaggi (alcuni assolutamente perfetti nella parte), la sceneggiatura tagliuzza senza stravolgere e dove possibile cerca di ricalcare al meglio quello che i fan già conoscono. La prima è buona, ma è anche inevitabile chiedersi fin dove potrà arrivare questo viaggio.

La saga di One Piece è partita in sordina e si è poi evoluta fino a contenere una moltitudine di personaggi oltre il sovrumano e l’assurdo, portando in scena molti elementi che difficilmente – questa volta davvero – saranno adattabili. Le perplessità iniziali sono state parzialmente spazzate via dalla prima stagione della serie Netflix, ma cosa succederà quando toccherà aggiungere personaggi come Chopper, Brook, Gekko Moria, Jimbe o addirittura gli Imperatori Big Mom e Kaido? Cosa si potrà mai fare con una saga come quella di Marineford, se ma ci si arriverà? Con un budget stellare, One Piece ha fatto bene, sì, abbastanza da strappare un convinto applauso, ma queste sfide sembrano insuperabili. Ai proverbiali posteri, l’ardua sentenza, ma per ora i fan possono accontentarsi: questa serie ha cuore, carattere e tanto amore per una storia amatissima in tutto il mondo.

Foto: Netflix

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