Si può (ri)fare! Il regista e sceneggiatore greco Yorgos Lanthimos, già vincitore a Venezia del premio per la Miglior sceneggiatura nel 2011 con Alps e di quello della giuria per La favorita nel 2018, torna alla Mostra del Cinema accompagnato – solo nello spirito – da Emma Stone, sempre più musa per le sue carnali fascinazioni artistiche, grazie al nuovo Poor Things (in italiano Povere Creature!).
Basato sul romanzo del 1992, scritto da Alasdair Gray e in prima battuta pubblicato col titolo Vita e misteri della prima donna medico d’Inghilterra, racconta la storia di una novella “mostra di Frankestein”, la rediviva Bella: a riportarla in vita dopo un apparente suicidio è il chirurgo Godwin Baxter (Willem Dafoe), meglio conosciuto come God. Una lettura allegorica molto semplice: con i suoi esperimenti si spinge in territori divini, creando strane creature come il maiale-gallina o il cane-papera. Bella non fa eccezione.
Ha il corpo di una donna, ma la mente di un’infante e in quanto tale il dottore chiama a sé un suo studente affinché ne annoti i rapidissimi progressi. Bella ne fa di nuovi ogni giorno, confinata nel palazzo d’avorio con il suo padre-creatore. Ben presto entra nella fase di ribellione adolescenziale e scopre non solo il proprio corpo e pulsioni sessuali, ma anche la necessità di uscire ad esplorare il mondo. Ecco quindi che insieme al viveur Duncan (Mark Ruffalo) inizia il suo bizzarro viaggio tra diverse scenografie simboliste che ricordano i quadri del pittore svizzero Arnold Böcklin.
Quello di Bella ha tutti i tratti di un coming of age interessato soprattutto a esplorarne la sfera sessuale: Emma Stone non si tira indietro e affronta senza vergogna una quantità esorbitante di scene di sesso anche spinte, ma perfettamente inquadrate nel contesto di crescita interno della “giovane”. La sua estrema libertà offre una chiave di lettura proto-femminista a Poor Things: come dichiarato anche da Yorgos Lanthimos, il motore narrativo sta proprio nella curiosità di vedere una donna nelle condizioni di ripartire da zero, senza condizionamenti familiari o sociali nell’età dello sviluppo, una giovane mente curiosa in un corpo già pronto per essere goduto e far godere.
Poor Things si muove tra piani metaforici e altri estremamente letterali: Bella è bella, ma in sé racchiude anche gli elementi della bestia, della creatura incontrollabile guidate dalle proprie pulsioni e passioni. Affronta il mondo con lo sguardo della vergine, ma allo stesso tempo con la determinazione della donna che ne ha già conosciuto gli orrori. Ad attirare gli uomini è proprio il suo innocente (e apparente) candore, una purezza che prima l’assistente Max McCandles e poi Duncan provano a plasmare secondo la propria volontà. Ma Bella è una creatura unica e si imbarca in una sua personale e carnalissima versione della fiaba di Pinocchio o volendo anche un contraltare gotico al recente Barbie – se la si considera come un’altra bambola che scopre sé stessa e il mondo.
A conti fatti, è forse il film nel quale Lanthimos è riuscito a coniugare meglio il suo fetish artistico per il corpo, la carne e i processi di trasformazione e quell’istanza più commerciale alla quale si è già “piegato” con La favorita. Ci sono i suoi cavalli di battaglia (come il fish eye) e una satira sociale affrontata in maniera più o meno sottile a seconda dell’occasione o della battuta. Potrebbe riservare grosse soddisfazioni e non solo alla kermesse lagunare: la prova di Emma Stone può metterla di nuovo sopra i palchi e sotto i riflettori delle più importanti cerimonie del prossimo futuro.
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Foto: Searchlight Pictures
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