Un anno e pochi mesi fa abbiamo riscoperto il mito di Elvis: interpretato da un metodico Austin Butler, il Re del Rock nel film di Baz Luhrmann veniva raccontato concentrandosi sulla dimensione performativa, più che su quella privata. Grazie a Priscilla di Sofia Coppola, presentato in Concorso a Venezia 80 e da giovedì 28 marzo arrivato finalmente nelle sale con Vision Distribution, quel vuoto è stato colmato.
Accostare i due titoli è naturale: concentrandosi l’uno sull’aura divina di Elvis e l’altro invece sulla donna rimasta per molto tempo all’ombra del suo successo, i film sembrano mostrare due lati della stessa medaglia da una prospettiva però così diversa da rendere a tratti inconciliabile la loro co-esistenza sullo stesso piano. In Priscilla c’è poco di deificante sulla leggendaria figura musicale, del quale anzi viene mostrato il dark side of the moon.
Al centro c’è lei, Priscilla Beaulieu (interpretata da una magnifica Cailee Spaeny, premiata con la Coppa Volpi a Venezia e candidata anche al Golden Globes per il ruolo), che ha conosciuto Elvis (Jacob Elordi, quasi un habitue dei ruoli maschili scomodi) quando entrambi si trovavano nella città di Wiesbaden nel 1959. Lui era già il cantante “strappa-gonne” che tutti conoscono, lei invece aveva solo 14 anni. Un primo amore iniziato già sotto una particolare luce oscura che, in qualche modo (probabilmente per lo status divistico dello spasimante), è comunque riuscito a vincere le resistenze dei genitori di Priscilla. Tre anni dopo, la ragazza si ritrasferisce negli Stati Uniti e a Graceland per vivere assieme al padre di Elvis e alla nuova moglie.
Fino a questo momento, quello tra i due ha ancora i contorni di un amore affrettato e acerbo ma sincero, punteggiato dalle delicatissime note di una versione tanto semplice quanto toccante di Love me tender. Nel passaggio a Graceland e alla loro vita insieme, emerge quello che è il vero cuore del racconto: le difficoltà del rapporto, dovuto non solo alla notorietà libertina di Elvis, ma al suo temperamento, che oggi non esiteremmo a definire tossico. Emblematica la frase «Devi scegliere tra la carriera e me», un’imposizione patriarcale impensabile per il mondo di oggi, ma non per questo estinta.
Tutto quello che viene mostrato, in questo senso, va filtrato dalla consapevolezza che il film di Sofia Coppola è un adattamento di Elvis and Me, autobiografia che la stessa Beaulieu ha scritto nel 1985 e che racconta gli aspetti più controversi del Re del Rock – tra i quali la ritrosia sessuale che dimostrava nel suoi confronti e largamente esplorata nel film. Le scene più dure di Priscilla, in questo senso, acquistano una loro precisa realtà che va oltre il cinematografico, diventano una testimonianza diretta (seppur a suo modo romanzata, senza dubbio) e impongono una propria verità incontestabile.
Sofia Coppola, la cui carriera è un concentrato di racconti al femminile in cui le protagoniste raramente si rivelano deboli come vengono percepite o trattate, mette tutto sul tavolo: non indugia sulla morbosità del rapporto al limite della pedofilia, ma invita a credere alla sincerità romantica di un amore non canonico; guida nel disilluso coming of age della giovane Priscilla, che passata dietro ai riflettori è in grado di vedere tutte le sfumature del divo Elvis, compresa la tossicità del livello di controllo che vuole avere su di lei, resa visivamente opprimente anche dall’enorme differenza di altezza tra Elordi e la Spaeny; infine conduce verso l’epilogo noto alle cronache rosa, affrontato con freddo distacco, lo stesso che ha caratterizzato la parabola del loro amore.
All’ultima Mostra del Cinema di Venezia, è stato chiesto alla stessa ex signora Presley in quale parte si è riconosciuta di più: «Nel finale» ha detto, strappando e rivendicando quindi la sua scelta di libertà, di ribellione verso un rapporto parossistico che la stava schiacciando. Allo stesso tempo però – e anche questo traspare nel film della Coppola – non rinnega né nasconde l’amore che l’ha legata e la lega ancora al Re del Rock, contribuendo a rendere ancora più sfumato e lontano da facili e dogmatiche prese di posizione.
Foto: Vision Distribution
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