Ogni secondo conta. È il mantra che viene ripetuto per tutta la seconda stagione di The Bear, non a parole ma tramite scritte a pennarello su improvvisati calendari, oppure incisa nel metallo e appesa sulle pareti delle cucine di mezzo mondo. Un motto che non tesse solo un filo sottile tra la serie e Ted Lasso (e il suo Believe), ma che rende subito chiara quale sia la cifra stilistica e narrativa di questo immediato cult con protagonista Jeremy Allen White.
Uscita in Italia su Disney+ a ottobre 2022, in un clima di generale sottovalutazione, in poche settimane è diventata uno dei prodotti più apprezzati e acclamati della scorsa annata. Motivo per cui i nuovi episodi, al contrario, sono stati attesi con forte interesse e curiosità: The Bear si è imposta subito come “la E.R. della cucina” per dinamismo e immersione totale, per il modo anche un po’ soffocante con la quale ha portato il pubblico nelle trincee di una cucina da incubo. L’intera prima stagione è stata dedicata all’esplorazione del dramma familiare dei Berzatto, del ritorno dello chef Carmy nel pessimo ristorante del fratello morto suicida.
Frenetica all’inverosimile, sporca e raffazzonata, The Bear ha creato le condizioni ideali per rendere chiara la sua retorica: la cucina come luogo dell’anima, come espressione dello stato d’animo, delle ambizioni e del momentum di chi la abita. Persi nel lutto, nella disperazione, nella costante ricerca di un senso alla tragedia, i primi episodi non potevano che essere così caotici, feroci e animati da continui litigi dal sapore Scorsesiano. Ma ad ogni pars destruens deve seguirne una construens ed ecco il setting di The Bear 2.
Dopo aver deciso di liberarsi del peso del passato e rinnovare completamente il ristorante, Carmy, Syd e gli altri si trovano alle prese con problemi di ogni genere: ristrutturazione, permessi, licenze e test antincendio, ma anche un menù che non riesce a mettersi insieme e fantasmi del passato pronti a tormentare a più riprese. Rispetto alla prima stagione, tuttavia, il ritmo segue la ritrovata calma del suo gruppo di personaggi, più attenti ai bisogni degli altri, aperti al dialogo e a rendere il ristorante un luogo di lavoro lontano da ogni logorante tossicità.
È così che, fatto salvo per il magnifico episodio 6 dedicato al falshback familiare dei Berzatto (con due guest star da urlo), molte delle altre puntate seguono un flusso diverso: esplorano uno alla volta i personaggi secondari e il loro percorso evolutivo, la loro voglia di mettersi in gioco e le naturali paure che questo profondo cambiamento porta con sé. Syd (Ayo Edebiri) e Marcus (Lionel Boyce) vengono mandati a cercare ispirazione per i loro piatti, Tina e Ebra a perfezionare le proprie capacità per elevare i propri standard al livello richiesto e Ritchie (Ebon Moss-Bachrach) a trovare il proprio posto nel mondo, un senso di appartenenza alla ristorazione e contestualmente uno scopo nella vita. È sicuramente lui il personaggio che cresce di più, uno dei più emblematici orsi della famiglia – divisa tra tremenda aggressività e commovente gentilezza.
Sembrava tutto apparecchiato per un finale in crescendo, ma come Christopher Storer (creatore della serie) ha voluto ribadire a più riprese e più o meno sottilmente durante tutto il corso della stagione, vita e cucina sono entrambe questioni di delicato equilibrio: di sapori, di consistenze, di rapporti. Per questo non deve sorprende che nonostante un clima di generale ottimismo, di ritrovata passione e volontà, i traumi del passato tornino di prepotenza a complicare le cose, a far cedere i protagonisti di nuovo a incontrollate paure che possono mettere a repentaglio tutto, trasformandoli letteralmente in bestie in gabbia – lasciando però allo stesso tempo, per la gioia dei fan, spazio per nuove parti del racconto.
Lo sciopero di sceneggiatori e attori sicuramente complicherà i piani per la realizzazione e l’uscita della terza stagione. Ma se questi dieci nuovi episodi hanno insegnato qualcosa, è che anche per i piatti più semplici e gustosi bisogna avere la calma e la pazienza necessari per realizzarli. The Bear 2 non è il sudicio ma appagante panino alla carne assaporato nella prima stagione e neppure la perfetta delizia in grado di garantire stelle Michelin, ma il percorso è intrapreso, la comanda è partita e l’attesa per vedere quali nuovi piatti usciranno dalla cucina resterà altissima.
Foto: FX
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