The Boys non è più satira, ma parodia. La recensione della quarta stagione
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The Boys non è più satira, ma parodia. La recensione della quarta stagione

Su Prime Video sono disponibili tutte le puntate: cos'ha funzionato e cosa no in questa penultima stagione?

The Boys non è più satira, ma parodia. La recensione della quarta stagione

Su Prime Video sono disponibili tutte le puntate: cos'ha funzionato e cosa no in questa penultima stagione?

una scena di the boys 4
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È stato da poco annunciato che la serie The Boys si concluderà con una quinta e ultima stagione. A giudicare dal finale della quarta, disponibile da venerdì 19 luglio 2024 su Prime Video, viene da pensare che sia la scelta giusta: tra loop e sbilanciamenti narrativi, lo show potrebbe andare anche avanti per altri duecento episodi, ma sarebbe solo una questione di pancia.

Intendiamoci, è sempre divertente vedere un Super dotato di straordinari poteri cedere ai proprio più perversi istinti sessuali e parafilie, è semplice e godereccio restare incollati per un’ora alla settimana a vedere vasche di sangue cadere addosso agli sfortunati protagonisti umani della serie tratta dal fumetto di Garth Ennis e Darick Robertson… Però è un tipo di divertimento ormai diverso, meno cerebrale e più lascivamente pensato per solleticare lo spettatore. Nella quarta stagione di The Boys lo status quo è sempre lo stesso: ci sono i ragazzi di Butcher (Karl Urban) intenti a trovare un modo per uccidere Homelander (Antony Starr). Le cose sembrano andare bene, poi vanno di nuovo male, poi non succede nulla fin quando lo stesso Super a capo della multinazionale Vought non fa qualcosa che permette alla ruota di continuare a girare.

È il problema che avevamo evidenziato già ai tempi della terza stagione: lo strapotere di Homelander, contro-bilanciato solo da una complessità emotiva che ne tiene a bada la deriva ultra-nazista, ha continuato a creare un loop narrativo non indifferente. Una sorta di versione cinecomic ultra-violenta e perversa di Aspettando Godot, dove ad essere atteso è un modo per uccidere lo Übermensch che tiene in ostaggio il mondo. Tutto cambia perché niente cambi, un paradigma che in The Boys finora ha funzionato solo grazie ad una scrittura spesso brillante, fatta di frecciate satiriche non solo al mondo Marvel – alcune clamorose, come dimostrato in questi episodi -, ma anche a quello della politica e della società americana di oggi. Da satira, però, si è passati a parodia.

Per dirla con le parole dello scrittore Vladimir Nabokov: la satira è una lezione, la parodia un gioco. The Boys è sempre stata lodata per come ha dichiaratamente voluto ironizzare su molti aspetti della contemporaneità, cercando di imporsi come una sorta di nuovo Watchmen di Alan Moore per valore concettuale e riflessivo sull’ontologia stessa dei super-eroi, mettendo in scena una plausibile vera deriva tirannica se esistesse davvero un personaggio come Homelander. Il parallelismo con l’America Trumpiana, tuttavia, ha perso via via smalto: la presa in giro è più evidente, spiattellata e a conti fatti scontata. Non si fanno sconti a No-Vax, complottisti, sostenitori di Trump (Make America Super Again è diventato ufficialmente lo slogan di Patriota) e via dicendo. Lo fa però senza più alcuna satirica finezza, ma solo come divertissement parodistico che fa sorridere sì, ma poco altro. La provocazione fatta sistema, in definitiva, che in quanto tale perde di efficacia e interesse.

Se prima The Boys colpiva di striscio grazie a battute e riferimenti, ora non si nasconde più e sembra di assistere solo ad un altro intervento al roast di Donald Trump – riferimento a quel tipo di eventi in cui un personaggio viene amichevolmente preso in giro nel modo più diretto e brutale possibile. Basta per soddisfare la pancia dello spettatore come detto, perché per riempirla in questo momento storico di stanca dei cinecomic ci vuole davvero poco, ma per stimolare la mente serve ben altro ormai.

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Foto: Prime Video

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