The Witcher è una serie senza più chance di redenzione. La recensione della terza stagione
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The Witcher è una serie senza più chance di redenzione. La recensione della terza stagione

La prima parte dell'ultima stagione con Henry Cavill ha fatto definitivamente naufragare ogni possibilità di ripresa

The Witcher è una serie senza più chance di redenzione. La recensione della terza stagione

La prima parte dell'ultima stagione con Henry Cavill ha fatto definitivamente naufragare ogni possibilità di ripresa

the witcher recensione
PANORAMICA
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Fotografia
Montaggio
Colonna sonora
Effetti speciali

Oltre a tempo e passione, per essere un buono spettatore di film e serie in streaming, nell’epoca attuale, ci vuole anche una discreta dose di coraggio. Bisogna da un lato sapersi lanciare verso territori, generi e prodotti inesplorati, ma dall’altro anche riconoscere quando è il momento di staccare la spina e risparmiare tempo prezioso della propria esistenza. La prima parte della terza stagione di The Witcher richiede proprio questo secondo tipo di coraggio.

Non è forse neppure più il caso di parlare di parabola discendente, ma di autentica caduta libera. La serie con Henry Cavill non è mai stata un capolavoro di qualità, soprattutto sotto certi aspetti tecnici, ma la prima stagione aveva illuso i fan che con un attore-fan a bordo del progetto ci sarebbero state tutte le possibilità per soprassedere su certi aspetti; ma, a quanto pare, non è bastato. 

Di quel racconto incentrato sull’allegorico parallelismo tra uomini e mostri, sulla crudeltà misantropa che fa da sfondo alle vicende del Continente (ben mostrata soprattutto nello spin-off animato Nightmare of the Wolf), non è rimasto più niente. I primi cinque episodi proseguono il trend iniziato già nella seconda stagione, insistendo sulla narrazione di diverse linee narrative dal nullo interesse e anzi dall’inutile complessità. The Witcher vorrebbe avere l’appeal da fantasy politico alla Game of Thrones e l’epicità di fondo de Il Signore degli Anelli, ma è lontano sia dall’una che dall’altra.

Oltre alla noia (chiaramente soggettiva), ad appesantire come non mai la visione sono una serie di movimenti narrativi illogici a livello spazio-temporale. Un esempio su tutti: il trio protagonista si separa all’inizio, poi Ciri fugge da Yennefer e si imbatte dopo pochi secondi in Geralt (come se tutto il Continente non fosse più grande di un giardino di casa); i due decidono poi di ritornare di nuovo ad Aretuza dalla maga, ma per qualche motivo per farlo la strada è molto più lunga e prevede anche una traversata in mare. Scene inspiegabili in mezzo a trame che puntano troppo lentamente verso un centro comune.

Non sono solo regia, sceneggiatura, montaggio ed effetti speciali a deludere, in questa stagione, ma persino un reparto che dovrebbe quantomeno essere un’assodata qualità per una serie del genere: i costumi di questi primi episodi sono sciatti, non hanno nessun legame con l’epoca di riferimento e – per dirla in maniera spietata – sembrano comprati in un qualsiasi discount e messi indosso agli interpreti. 

Un disastro su tutta la linea o quasi, visto che ancora una volta a salvarsi è l’intensità con la quale Henry Cavill porta in scena il suo Geralt of Rivia. Le sue scene (e soprattutto il suo tono di voce) sono gli unici momenti che catturano l’attenzione e ridanno slancio per proseguire nell’episodio. Il suo già annunciato addio sembrava dover essere una pietra tombale per la serie, ma per la verità ci hanno già pensato altri ad affossarla sotto il punto minimo di interesse e di redenzione.

Mancano tre episodi prima della fine della terza stagione e l’arrivo, dalla quarta, di Liam Hemsworth nei panni dello Strigo. Ma onestamente, importerà ancora a qualcuno quando arriverà il suo momento?

Foto: MovieStills

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