Revenant - Redivivo: la recensione di Leonardo23
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Revenant – Redivivo: la recensione di Leonardo23

Revenant – Redivivo: la recensione di Leonardo23

Anche se a rigore concettuale l’interpretazione collima con l’atto del calarsi in panni alieni, è usanza delle ambizioni hollywoodiane quella recentissima di straboccare negli eccessi, martirizzare corpi e membra in favore di estremismi artistici imposti dal demiurgo della cinepresa o da attori ebbri di partecipazione A questa pseudo-deriva non s’affranca del tutto Leonardo DiCaprio, tramutatosi da broker lingua lunga a cacciatore di pelli incattivito, che è redivivo divo, impegnato oscillatore tra l’impersonalità dimostrativa e l’immedesimarsi con vigore maniacale, e traino di quest’ultima fatica di Alejandro Inarritu. Pellicola, Revenant, non facile, scomoda, che procede per afflati dell’epico e del biblico confessandosi megalomane e mastodontica, dal diafano tessuto glorioso, forme evanescenti e sostanza granitica. Racconto a ritmo escursionistico, è storia vera, con ricerca viscerale di sofferenza, sopravvivenza e sanguigna vendetta, con certa densità filtrata per il setaccio della glaciale ed immensa fotografia di Lubezki (a luce naturale), mentre l’occhio galleggiante di Inarritu cresce a sfioro su lancinante compiutezza dell’immagine e spessa sofferenza dell’attore. Dalla costante magnificenza dell’estetica però sorprende l’affanno nell’estrapolarne un’anima. Quasi più fastidiosa parabola ecologista che potenziale riflessione sugli intrecci tra Io e coscienza naturale, incanala le forze nel grezzo dell’architettura realista e avvolge in patina indifferente la perfezione di ogni risvolto. Bello ma non buono, questo incompiuto piano sequenza interiore dell’individuo.

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