Lo abbiamo dato per morto numerose volte, ma il cinema italiano sta dando segnali di ripresa pop grazie al talento e alla voglia di rischiare di alcuni giovani autori come Gabriele Mainetti con Lo Chiamavano Jeeg Robot, Matteo Rovere con Veloce Come il Vento e il duo Fabio Guaglione e Fabio Resinaro con Mine.
Questi ultimi, Resinaro e Guaglione, ripetendo il riuscito mix tra cinema e fumetto, ma soprattutto del loro estro italiano con elementi internazionali, fanno uscire in sala il loro nuovo lavoro Ride, di cui sono sceneggiatori e produttori.
Ride parla di due amici trentenni, youtuber e amanti del rischio estremo, che vengono invitati online a partecipare ad una misteriosa gara di downhill il cui premio finale consiste in ben 250 mila dollari: attirati dal denaro e pensando così di poter sistemare i rispettivi guai, Kyle e Max si mettono in gioco ma ben presto scoprono che in palio c’è la loro stessa sopravvivenza!
L’idea del film sta nel piazzare quante più telecamerine GoPro sia umanamente possibile addosso ad un paio di giovani attori e di lanciarli in un’avventurosa location trentina, a capofitto giù da una discesa tra mille sobbalzi ed acrobazie su due ruote; tra incentivi, penalità e una massiccia dose di visuale soggettiva, perché il videogioco Doom lo portiamo tutti nel cuore, il pericolo mortale distoglie i contendenti dal raggiungere il successivo checkpoint..
Ok mettiamo un attimo in pausa: possiamo davvero parlare di produzione cinematografica o si tratta piuttosto di un videogame impazzito?
Dopotutto di quest’ultimo possiede tantissime caratteristiche peculiari.
Il regista di Ride è l’esordiente Jacopo Rondinelli, ma non so dire in cosa consista effettivamente il suo contributo, perché questo film non è altro che il risultato finale di un’abile e paziente operazione di montaggio e composizione dell’immagine, con inserti grafici in ogni inquadratura, sia sotto forma di statistiche, mappe e animazioni varie, che di raccordo tra uno stacco velocissimo ed il successivo.
L’effetto sullo spettatore di questo collage a rotta di collo è, forse volutamente, un pochino fastidioso, anche a causa di una colonna sonora elettronica rimbombante ed adrenalinica e ad inquadrature barcollanti al limite del motion sick (il caro vecchio mal di mare).
Guaglione e Resinaro sono un po’ i factotum di questo progetto ibrido, ne hanno scritto il soggetto, prodotto e selezionato il girato e, come già successo per il loro primo successo Mine del 2016, la trama della pellicola è collegata ad un fumetto uscito in edicola contemporaneamente al film in sala.
Ai due Fabio piace creare situazioni al limite per i propri personaggi, costretti da elementi esterni ad intraprendere anche un percorso interiore, ma mentre in Mine la protagonista era l’immobilità del soldato Armie Hammer, bloccato con un piede su di una mina, in Ride il movimento frenetico è la droga nonché l’unica via d’uscita per i personaggi.
Ma laddove Mine era sorprendente e ben fatto, in Ride la trama è a dir poco risicata e manca della consistenza cinematografica, della consapevolezza artistica del lavoro precedente.
Gli autori hanno nascosto in Ride alcuni omaggi più o meno velati ai capolavori di Stanley Kubrick: i grossi schermi neri che spuntano dal terreno ricordano il monolite di 2001 Odissea Nello Spazio, il coprotagonista Max ripete un paio di volte «sto arrivando a prenderti!» con voce cavernosa alla maniera di Jack Nicholson in Shining ed infine la citazione del festino di Eyes Wide Shut è piuttosto palese.
Ma la filmografia del maestro del cinema americano scomparso alla fine del secolo scorso ha poco a che fare col contesto modernissimo di questo clip allucinato, che porta lo sport estremo nel territorio di Black Mirror, irrorandolo di Red Bull.
E’ bello che questi giovani registi e produttori italiani continuino a sperimentare, anche se questo alla fine resta comunque un film piccolo, girato a basso costo e pensato più per il formato home video, on demand e streaming e più per il mercato internazionale che per quello italiano: Lucky Red, Timvision e Trentino Film Commission hanno creduto in questa scommessa, finanziandola.
Il pubblico di riferimento non può che essere giovane e in prevalenza maschile, con gli appassionati di downhill e action cam in prima fila, che si godranno Ride come se fosse un lungo video di YouTube, e infatti il famoso portale viene nominato e mostrato tantissimo all’interno del film.
A dar corpo all’azione troviamo due giovani attori, l’americano Ludovic Hughes e l’italiano Lorenzo Richelmy che però recita in inglese e infatti è conosciuto di più all’estero grazie alla serie Netflix su Marco Polo: essi passano tre quarti del tempo in sella alle bici da downhill, col casco in testa, e devono reggere la situazione tra uno stunt e l’altro, ma la credibilità generale è poca e la loro recitazione, data la condizione estrema in cui si trovano i protagonisti, un po’ sopra le righe.
Completano il cast una rider donna in difficoltà, un cattivo mascherato e vestito di nero (perché un rimando a Darth Vader non guasta mai) ed una schiera di spettatori paganti invisibili ma assolutamente sadici (che sia una velata condanna verso il pubblico da reality in cui ci siamo inesorabilmente trasformati?)
Nonostante alcuni spunti interessanti, in Ride prevale la forma, tecnica e sperimentale, sulla sostanza del messaggio, semplicemente perché non c’è il tempo di fermarsi a riflettere.
C’è davvero da augurarsi che in futuro questo tipo di intrattenimento tecnologico e multimediale evolva anche a livelli più profondi, perché possa davvero segnare la riscossa definitiva del cinema nostrano, che ne ha ancora tanto bisogno!