Ride: la recensione di Mauro Lanari
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Ride: la recensione di Mauro Lanari

Ride: la recensione di Mauro Lanari

Mastandrea ha dilapidato la propria carrier’attoriale gettandosi, con cocciuta generosità, in pasto a qualsiasi esordiente indie italiano. Per una mezza dozzina di film che hanno segnato la storia del nostro cinema degl’oltre ultimi 20 anni, una montagna di progetti che pretendevano di reggersi appoggiandosi esclusivamente a lui. Passato “dall’altra parte”, inanella la lista completa degl’errori da debuttante allo sbadiglio: un “tinellismo” com’ormai non si vedeva più da anni, sul set sempre due o max tre personaggi, qualche parola sbocconcellata e tanto troppo silenzio giusto per (non) evitare la retorica del lutto, una protagonista fotogenica e antipatica (la sua compagna nella vita vera), uno Stefano Dionisi che risuscita l’opera con la propria semplice presenza per poi scomparire pure lui fra scene madre a ripetizione, una colonna sonora invedent’e ruffiana. Un gran brutto passo falso, uno di quelli che ha già fatto chissà quante volte supportando decine di principianti volenterosi e incapaci.

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