Risorto: la recensione di Giorgio Viaro
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Risorto: la recensione di Giorgio Viaro

Risorto: la recensione di Giorgio Viaro

Questo genere di prodotti, film di ispirazione biblica e messa in scena televisiva, oggi non arrivano quasi più sul grande schermo. Eppure, come dimostrano i risultati in Nord America – dove in dieci giorni il film ha coperto e superato i propri costi produttivi (20 milioni) -, paradossalmente esiste un discreto pubblico disposto ancora a vederli in sala.

Risorto segue le vicende evangeliche di Gesù (“Yahshua”) dalla crocifissione fino all’ultima apparizione agli apostoli, in Galilea, sul Lago di Tiberiade, teatro della pesca miracolosa dei 153 pesci. E si conclude con l’Ascensione, in un buffo tripudio di globi luminosi che è il segno dell’operazione, cinema catechistico senza nessuna pretesa autoriale (dimenticatevi la Passione di Gibson) e senza remore stilistiche. Soprattutto senza la disponibilità a una vena maggiormente realistica, e umanista, atta a separare il Cristo letterario da quello storico.

L’idea è quella di introdurre nelle vicende canoniche uno sguardo esterno e ateo, quello di Clavius (Joseph Fiennes), tribuno romano incaricato da Pilato di ritrovare il corpo di Gesù per sconfessare le dicerie sulla risurrezione e sedare sul nascere le rivolte del popolo. Inizialmente scettico, Clavius ovviamente si ricrede un’apparizione dopo l’altra, a partire dall’incontro tra Gesù e Tommaso, mischiandosi agli apostoli e seguendoli fino in Galilea.

Il percorso del film è tutto qui, Pilato è un villain tradizionale, cupo e prepotente, mentre Simone, Bartolomeo e gli altri amici di Gesù sono personaggi quasi da commedia, c’è in generale una leggerezza di tono che è forse l’elemento più curioso del quadro, anche la crocifissione è uno spettacolo sostenibile. In particolare il Cristo interpretato da Cliff Curtis (il Travis di The Walking Dead), lontano anche fisicamente dall’iconografia più tradizionale, ha modi quasi giocosi, tutte scelte comprensibili per un film pasquale, ambientato quindi quando il peggio è passato.

In definitiva un’opera confessionale, adatta solo a un pubblico “ben disposto”, ma per fortuna anche lontana da qualsiasi deriva reazionaria. Se liberata dai dispositivi secolari di potere, la buona novella conserva il suo slancio rivoluzionario, e non smette di ribadire la propria distanza da tutti i conservatorismi, di questo tempo e degli altri.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace:
La leggerezza di tono generale, contrapposta alla cupezza punitiva che spesso le storie sulla crocifissione portano con sé

Non mi piace:
L’incapacità di uno sguardo storico coerente fino in fondo

Consigliato a chi:
È in cerca di un film pasquale, in senso letterale

Voto: 2/5

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