Inutile sequel che riesce a peggiorare anche quel poco di buono presente nel 1° episodio. Il Sonny Kapoor di Dev Patel degener’ulteriormente dal demenziale all’isteria degna d’un “The Hangover”, mentre la comparsata di Gere fa rimpiangere l’eccellente Wilkinson. Il regista Madden ha poco da dire a parte che “l’amore è senz’età”, sforando spesso nel ridicolo col suo intero gruppo geriatrico alle prese con un “carpe diem” fra il romantico e l’erotico. Così il Marigold hotel diviene “il luogo ideale in cui spendere la propria avventura crepuscolare, ricominciare a innamorarsi, consumare sentimenti platonici che quasi mai trovano un’espressione fisica”. Un cast in fregola dal primo all’ultimo personaggio poiché “il tempo stringe” e non c’è modo migliore di trascorrerlo: 122 minuti basati su quest’unico striminzito concetto. E basta col presunto salvataggio in extremis grazie alle prove attoriali come quella di Maggie Smith nei panni di Muriel Donnelly. Si tocca il fondo – quota fiction – quando la morte viene compensata dalla vitalità del matrimonio e dell’inaugurazione del 2° hotel. Al che scompare ogni residua possibilità d’una riflessione profonda sulla vecchiaia.
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