ROBOCOP
Voto 6,5/10
La domanda che ogni amante del cinema si pone, in questa generazione affetta dal morbo del remake/reboot, è questa: Ce ne era bisogno? Ha una sua identità? Sei impazzito a fare il remake di un cult? La paura era tanta, ma il talento di José Padilha mi permette di dire che questo remake è, cosa tutt’altro che scontata, un’operazione riuscita.
Il Robocop del 2014 è sorprendentemente lontano dai tempi e metodi del classico action privo di anima e cervello; abbiamo invece un Murphy il cui risveglio e l’accettazione del suo nuovo stato di ibrido -mezzo uomo mezzo macchina- sono pienamente convincenti nel trasmettere il senso di trauma e di shock causato dalla sua nuova vita.
Ovviamente non mancano le scene action, seppur non tutte ugualmente efficaci: d’effetto la sparatoria al buio con l’uso frenetico ma ben gestito di visori notturni, immagini termografiche, switch prima/terza persona; più monotona quella tra droni.
Nettamente migliore la prima parte, in quanto lo sviluppo finale risulta dilungarsi eccessivamente e, in alcuni tratti, in modo un po’ forzato ai fini della trama; per quanto concerne il cast, risaltano un Michael Keaton, decisamente divertito nel fare il cattivo, e la bellezza di Abbie Cornish, la Sig.ra Murphy.
Nel fare un doveroso confronto con l’originale, si apprezza come anche qui ci sia spazio per la satira politico/sociale, seppure relegata a prologo, epilogo del film e decisamente meno auto-ironica rispetto all’opera di Verhoeven; al contrario, il fastidioso PG-13, ormai standard nei film che mirano al blockbuster, si sente in modo prepotente: certamente il regista di Tropa de elite avrà sofferto molto a girare un film senza alcuna traccia di sangue, ma non sfugge come siano preponderanti i combattimenti macchina/macchina per tentare di aggirare il problema, così come è impensabile ottenere una scena altrettanto disturbante e a effetto come la ‘morte’ di Murphy nel primo Robocop, senza l’impiego della violenza grafica come mezzo emozionale.
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