La stanza delle domande bellissime
Cosa è una stanza?
Cosa è una madre?
Cosa è un figlio?
Cosa è il mondo?
Cosa è reale?
Cosa è l’abitudine?
Cosa è l’affetto?
Cosa è una finestra?
Cosa è il cielo?
Room è in effetti un film dalle folgorazioni passive. Potentissimo e maieutico, sulle pareti dei nostri mondi interni ed esterni, fasciato dalle parole e nell’unità emotiva, sullo spazio del nostro vivere e su cosa significhi respirare. Poche cose, piccole cose, cose essenziali, di questo sembra parlarci Room, quattro lettere, tutto stretto in sé stesso, in una piccola scatola sporca e raschiata e vera, che tutto tiene dentro al tempo presente, sorta di estensione psicologica della mente di madre e del corpicino di un figlio. Imprevedibile, quadrangolare, spigoloso, sugli oggetti e contrasti, un dramma che ci insegna a chiudere gli occhi, riaprirli e assaporare. Con menzione a un duo speciale, spuntato dal nulla, molto bravo e genuino. Un piccolo gioiello, che in due ore dice più di quanto si voglia ammettere.
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