Terza opera diretta dallo spagnolo Juan Antonio Bayona, Sette minuti dopo la mezzanotte è probabilmente il film più sentito e riuscito del regista, in cui dramma fortemente emozionale e venatura fantasy si amalgamano alla perfezione strizzando l’occhio a Il labirinto del fauno del messicano Guillermo del Toro.
La giovane vita di Conor O’Malley (Lewis MacDougall) è molto complicata. Il piccolo deve avere a che fare con la malattia incurabile della madre Lizzie (Felicity Jones), con un padre distante, con la nonna (Sigourney Weaver) che odia e con i bulli che puntualmente lo pestano a scuola. L’unica via di fuga per Conor da un mondo così crudele è il disegno. Una notte, un enorme albero umanoide (voce originale di Liam Neeson) compare nei sogni del ragazzo per raccontargli tre diverse storie morali. La quarta e ultima storia dovrà essere raccontata dallo stesso Conor.
Una giovane vita alla ricerca disperata della felicità. E’ questo il quadro d’insieme che il film di Bayona mostra al pubblico. La struggente opera del regista spagnolo ha come scopo principe quello di immergere totalmente lo spettatore nella vita di Conor, nel suo modo di affrontare la malattia degenerativa della madre e nello scontro affettivo con una nonna all’apparenza troppo dura con lui. La vita del ragazzo è afflitta da dolori troppo grandi da sopportare cosicché egli trova nella fantasia, in mancanza di appoggi solidi nella vita reale, l’unico rifugio confortevole in grado di aiutarlo ad affrontare le sue paure e a sprigionare i suoi sentimenti repressi. L’albero millenario che giganteggia nel mezzo di un vecchio cimitero non lontano dalla casa di Conor, prende vita nei sogni del ragazzo e diventa simbolo di saggezza da cui trarre consolazione e insegnamento. Le tre storie morali raccontate dal tasso umanoide al ragazzo rompono in maniera decisa le certezze dello spettatore che non assiste ad un film pienamente classico dove da una parte vi sono i buoni e dall’altra i cattivi. In questa pellicola i due concetti quasi si mescolano tra loro, lasciando che sia il punto di vista dello spettatore a decidere cosa sia giusto o sbagliato. La quarta storia, quella che lo stesso Conor dovrà raccontare, deve rappresentare la verità pura, senza filtri, quella più difficile per l’uomo da esprimere e che non deve compiacere gli altri. Non mentire a sé stessi e fare una scelta rappresentano, dunque, il fulcro del film, due compiti che risultano ardui da svolgere anche per un bambino, seppur ancora salvo dalle costruzioni mentali fittizie che appartengono al mondo degli adulti. Sette minuti dopo la mezzanotte è un’opera narrativa che commuove e coinvolge a livelli sempre più alti lo spettatore grazie ad una sceneggiatura solida e a dialoghi significativi. Tutto culmina in un finale, scontato ma superbamente infiorettato, dove tutte le emozioni accumulate trovano libero sfogo.
Per lunghi tratti è convincente la prova del piccolo protagonista Lewis MacDougall, soprattutto in occasione dei primi piani che lo colgono nei momenti più difficili della sua vita e attraverso cui riesce ad esprimere una buona espressività. Altre volte la prestazione pare meno credibile ma è da sottolineare come il suo personaggio sia dotato di profondità e sfumature tutt’altro che banali. Giustamente poco presente ma comunque decisiva ai fini dello sviluppo dell’intreccio la mamma di Conor, Lizzie, interpretata da Felicity Jones, mentre è sempre imponente in personalità e presenza Sigourney Weaver nei panni della nonna del ragazzo. Ben caratterizzato e graficamente apprezzabile il personaggio in CGI dell’albero che lascia un’impronta determinante nella vita di Conor.
In definitiva, Sette minuti dopo la mezzanotte è un racconto che, pur avendo come protagonista un bambino, ha il suo target in un pubblico adulto e maturo che viene stimolato ad una profonda riflessione interiore. Bayona realizza un racconto dalle radici solide, in cui riesce ad inserire una bomba di emozioni che quando esplode investe in pieno lo spettatore senza lasciargli scampo.