Sette opere di misericordia: la recensione di Emilia Iuliano
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Sette opere di misericordia: la recensione di Emilia Iuliano

Sette opere di misericordia: la recensione di Emilia Iuliano

Dar da mangiare agli affamati. Dar da bere agli assetati. Vestire gli ignudi. Alloggiare i pellegrini. Visitare gli infermi. Visitare i carcerati. Seppellire i morti. Sono i sette passi che Gesù nel vangelo secondo Matteo indica come via di redenzione. Sono le Sette opere di misericordia che scandiscono, capitolo dopo capitolo, l’opera dei fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio, due artisti al loro primo lungometraggio.
Il film procede per volute incongruenze. Così i titoli degli episodi, o per meglio dire dei quadri (le scene sono praticamente prive di dialoghi) entrano immediatamente in netto contrasto con le azioni dei protagonisti. Luminita (Olimpia Melinte), una giovane clandestina, che vive in una baraccopoli della periferia di Torino, sceglie come “vittima sacrificale” per il suo piano di personale salvezza Antonio (Roberto Herlitzka), un misterioso anziano gravemente malato, per poi ritornare mano a mano sui suoi passi dopo il progressivo incontro con l’uomo.
Mentre il piano della donna si sgretola, anche il contrasto tra l’opera di misericordia del titolo e le azioni di Luminita si assottiglia, fino alla dipartita virtuale dei personaggi nel capitolo “Seppellire i morti”. La redenzione del personaggio passa attraverso il corpo del ragazzino moldavo che si prende cura di lei e al contempo si si fa carico della sua pena.
Il background, completamente estraneo ai meccanismi propriamente cinematografici, dei due registi (attivi e conosciuti soprattutto nel panorama dell’arte contemporanea internazionale, grazie a mostre personali e collettive che hanno portato le loro installazioni in giro per il mondo, oltre che per alcuni documentari e cortometraggi come Bakroman e Mio fratello Yang) è evidente. Lode all’impegno e all’ispirato tentativo, ma il film rimane troppo ancorato agli schemi e ai meccanisimi della video-arte e imprigionato nel linguaggio sperimentale.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
Roberto Herlitzka è la luce del film. Maestoso senza neppure proferire una parola.

Non mi piace
Il film rimane troppo ancorato agli schemi e ai meccanisimi della video-arte e imprigionato nel linguaggio sperimentale.

Consigliato a chi
A chi ama l’arte contemporanea, specialmente quella dei fratelli De Serio.

Voto
2/5

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