Shame: la recensione di Annu83
telegram

Shame: la recensione di Annu83

Shame: la recensione di Annu83

Giuro che non volevo scrivere nulla, la mia voleva essere una visione disinteressata di questo film che alcuni spacciavano per interessante e molto valido. Tuttavia trovo giusto spendere due parole per una pellicola nemmeno troppo pubblicizzata in Italia, paese, notoriamente, della “gran censura”.
Un film “semimuto”, vietato ai minori di 14 anni (ma in America hanno fatto peggio), in cui il protagonista è un uomo giovane e piacente, che nasconde un lato oscuro piuttosto “colorito”. Erotomane per vocazione, cocainomane per assuefazione, monoespressivo per copione, Brandon è un personaggio triste, che vive la sua vita sottovoce e che incarna per intero tutta la pochezza del film e della sua trama (e chiamarla trama è già un riconoscimento eccessivo).
La pellicola infatti fatica a prendere quota, anzi, non la prende mai. Dopo un’ora di noia straziante sembra finalmente che il ritmo possa cambiare con l’intervento di un nuovo personaggio, ma è un flebile e passeggero fuocherello alimentato da pagliuzze umide. E allora via, si torna a gingillarsi, a collezionare puttane (oops, escort, non me ne voglia il nostro ex presidente) e a collezionare lunghi silenzi imbarazzanti, inutili e noiosi senza sapere perchè. Sì, noiosi da far paura. Perché ci sono silenzi e silenzi, ma questi sono quei silenzi che rompono le palle e che ti spingono a pigiare sul tasto “scan” per mandare avanti, sperando che poi sia meglio. La delusione è totale quando ti accorgi il meglio non arriva mai, e la rottura di palle è lunga un’interminabile ora e mezzo.
E non bastano un paio di scene di nudo integrale da film di quarta classe per attempati “sognatori” a farmi credere che questo film andava davvero fatto così. E non bastano nemmeno i premi che Fassbender si è portato a casa da Venezia e dal BIFA 2011.
Cupo, soffuso al limite dello sfocato, poco aggraziato, troppo lento anche per un film lento. A un certo punto, per esempio, ti trovi a chiederti se era davvero necessario girare una scena di jogging che dura 2 interi minuti e che non serve a un c…. pardon, a niente. Oppure una scena, ovviamente fine a sé stessa e che sa tanto di riempitivo, in un pub in cui la coprotagonista canta per 5 minuti una canzone (bella, per carità) che poi non servirà a nulla nell’economia del film.
Una pellicola intrisa di un’angoscia inspiegata e quindi inspiegabile, che è in grado solo di generare compassione e ribrezzo per il protagonista. Se lo scopo era quello… scusate ma fatico a considerarla una virtù.
Superficiale poi la caratterizzazione del personaggio interpretato da Fassbender, del quale si notano solo i numerosi problemi senza accennarne spiegazioni alcune. Ma io dico, Brendon non ha un background? Non ha una storia da raccontare? Ancora peggiore, se possibile, il modo in cui viene presentata la sorella del protagonista, che compare dal nulla con una passera al vento e per 40 minuti resta anonima e piangente, prima di compiere un gesto folle e privo di senso in relazione al dipanarsi di quel pochissimo di trama del film.
In tutto questo, però, una cosa positiva però c’è: il fatto che non ci siano nomination agli Oscar. Sarebbero state a discapito di altre pellicole sicuramente più valide.

© RIPRODUZIONE RISERVATA