Sherlock Holmes: Gioco di ombre: la recensione di Marita Toniolo
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Sherlock Holmes: Gioco di ombre: la recensione di Marita Toniolo

Sherlock Holmes: Gioco di ombre: la recensione di Marita Toniolo

Squadra (ma anche formula) che vince non si cambia. È il comandamento che Guy Ritchie segue alla lettera nell’attesissimo sequel del suo Sherlock Holmes. Non solo quanto al cast, che vede nuovamente in pista la pirotecnica coppia formata da Robert Downey Jr. e Jude Law, ma anche rispetto al pregevole comparto tecnico, che qui torna a operare forte di un budget maggiorato a  seguito del grande successo al botteghino ottenuto dal primo film.

Il regista di Lock & Stock e Snatch, nel secondo capitolo di quella che è ormai dichiaratamente una saga, rischia pochissimo e affina la formula collaudata nel primo, mescolando sapientemente action e steampunk ma aggiungendo a questo giro tocchi decisi di spy-movie e qualche pizzico di estetica wuxia-pian. Questo film sconfessa la regola per cui si tende a perdere la passione per il dettaglio nei sequel: Gioco di ombre è ancor più accurato sia a livello visivo che di sceneggiatura.

Quel che più ci aveva colpito di Holmes nel primo episodio, ovvero la metamorfosi di un’icona letteraria posata e meticolosa in eroe istrionico e action, torna qui in dosi massicce: gli esperimenti surreali del Nostro, il gusto smaccato per il travestitismo, il metodo deduttivo applicato ai combattimenti, il colpo d’occhio fulmineo nel mettere insieme tutti i tasselli del mosaico, ma soprattutto gli scambi di battuta fulminanti con il fido Watson, questa volta ancor più insistenti sull'”intimità” che lega i due (vedi la spassosa scena sul treno con Downey Jr. travestito da donna).

Il nuovo villain che gareggia ad armi pari con lo Sherlock di Downey Jr. è un Jared Harris dal fascino ambiguo nei panni dell’arcinemesi Moriarty: sta progettando un piano di sconvolgimento dello scenario mondiale che dovrebbe fare da propulsore alla sua fabbrica bellica (tra cui spiccano avveniristiche mitragliatrici automatiche). E in effetti già nel 1891 la possibilità di una guerra che coinvolgesse i grandi stati iniziava a profilarsi all’orizzonte e la pianificazione su scala globale del conflitto ricorda da vicino i villain di matrice bondiana.

Prosegue il pregevole lavoro di spalla Jude Law, giostrandosi abilmente tra i suoi desideri da promesso sposo, le resistenze del socio alle nozze e lo spirito avventuriero che solo Holmes riesce ad accendergli. Quanto alle new entries, mentre la zingara Noomi Rapace (alias la Lisbeth Salander della versione svedese di Uomini che odiano le donne) viene schiacciata dalla coppia protagonista, il fratello di Holmes Mycroft è interpretato da un eccentrico Stephen Fry molto divertente.

Gioco di ombre è un meccanismo a orologeria che si muove con la stessa perfezione dei complicati ingranaggi steampunk che scandiscono tutto il film. Intrattenimento puro e calibrato con intelligenza sopraffina e gran classe. L’unico neo è che, come per tutti i grandi fenomeni a cui si applica la serializzazione, rischia di perdere l’anima.

MI PIACE: Un sequel finalmente accurato e che non si abbandona a sciatterie stilistiche

NON MI PIACE: La serializzazione programmatica che non permette guizzi e colpi di scena che escano dal seminato

CONSIGLIATO A CHI: A coloro che hanno amato il primo Sherlock Holmes e a chi piacciono gli spy-movies

VOTO: 3/5

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