Kurosawa diresse sia in b/n ch’a colori e tematizzò sia la quotidianità marginale che l’epicità shakespeareana. Nel suo terz’ultimo film, “Sogni” del 1990, la parte di Van Gogh venn’interpretata da Scorsese. “Silence” è un insistito tributo a entrambi quest’aspetti del cineasta nipponico, con l’aggiunta sul versante contenutistico dell’ossessioni da ex-seminarista che hanno dilaniato l’esistenza del 74enne collega italoamericano, ossessioni espresse fin dal suo 2° lungometraggio “Boxcar Bertha” del ’72 (cf. la crocifissione di Carradine: http://oi65.tinypic.com/ehj121…. Stavolta Scorsese ha scelto come protagonista Andrew Garfield facendolo passare dal supereroismo di Spider-Man all’imitatio dell’uomo-Dio per affermare che l’abiura/apostasia è sol’apparente, poiché nell’intimo è rimasto, lui e il suo alter-ego onscreen, cristiano: il giudizio divino si fonderebbe non sugl’atti esteriori ma sulla fede(ltà) interiore, non sul corp’e il comportamento ma sullo spirito. Inoltr’affront’in unico filotto 3 problemi religiosi nettamente distinti e separati: il “silenzio di Dio” nelle “teologia della croce” dell'”evangelizzazione missionaria”. Un caos (=”Ran”?), mentre nel frattempo l’Occidente s’è secolarizzato e dal Vaticano II in poi lo stesso cattolicesimo s’è sempre più apert’al dialogo interreligioso e coi non credenti, la parte atea dell’umanità. Perciò il film risulta datato a prescindere dai quasi 30 ann’impiegati per la sua realizzazione. Dreyeriano nel kierkegaardizzante paradosso teologico (“Ordet – La Parola”) e nell’efferatezza del martirio (“La passione di Giovanna d’Arco”), Conrad e Coppola hann’attinto dal medesimo bacino ma con molto men’impeto didascalico se non catechetico. Ed è la pochezza concettuale del film a renderlo incapace d’emozionare. Talment’anacronistico ch’oggi l’oltranzismo/fanatismo/integralismo religioso di “Silence” è riscontrabile solo nell’ISIS. Almeno spero.
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