Sing Street è una delle migliori uscite del 2016; come molti film indipendenti, forse passato un po’ in sordina rispetto ai blockbuster suoi concorrenti.
E’ un film sull’adolescenza ma fatto non solo per un pubblico adolescente.
Conor è un ragazzo di 14 anni alle prese con le difficoltà di tutti: i problemi in famiglia, i bulli a scuola, la prepotenza di un professore, l’amore per una ragazza più grande e, soprattutto, la formazione di una propria identità.
Trova la sua chiave nella musica. Una passione usata all’inizio per riuscire a fare colpo sulla bella Raphina, e che poi diviene il mezzo attraverso il quale ribellarsi nei confronti della generazione passata e proiettarsi verso il futuro.
Il tema dell’adolescenza è affrontato con dolcezza e veridicità. Il protagonista e la sua band passano attraverso il processo di imitazione, sperimentando stili e tagli di capelli in un cambiamento continuo che, alla lunga, porta fino al proprio io. Sentono il tipico bisogno di aggregazione di quell’età e fanno della musica il loro punto di unione.
Il regista, John Carney, lo stesso di “Once”, è un ottimo narratore, equilibrato, attento; porta sullo schermo una storia di vita universale, perché, che si sia figli degli anni ’80 o degli anni 2000, affrontiamo tutti la stessa “rivoluzione”, anche se cambiano i modi e i mezzi di affrontarla. Lo fa attraverso una storia dolce ma mai melensa, a tratti amara. “Felice e triste”, per usare le parole dei protagonisti.
Sing Street è un film sulla musica, quella vera che nasce non dal terribile mondo del business, ma dalla vita e dai sentimenti a cui questa dà origine. La musica che nasce dalla vita ma che anche la accompagna, la supporta. Sulla musica e per chi ama la musica.
Ed è per questo che la colonna sonora è importante (e bella) al pari della parte recitata: brani dei Motorhead, The Cure, Duran Duran si mescolano con i brani originali a cui hanno fatto da ispirazione, dando alla narrazione un meraviglioso ritmo anni ’80.
Sing Street è la storia di come una passione possa rendere più “facile” fronteggiare la vita, se solo si ha la forza di crederci e perseverare.
Tutti bravi i protagonisti, assolutamente credibili.
Più inverosimile, sicuramente metaforico il bellissimo finale. Del resto, lo scopo del cinema è anche questo, andare oltre l’ordinario e spingerci a credere che qualcosa di straordinario possa accadere, così che i più temerari riescano a ottenerlo.