Smetto quando voglio - Masterclass
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Smetto quando voglio – Masterclass

Smetto quando voglio – Masterclass

Diciamolo subito: Smetto quando voglio – Masterclass non è un semplice sequel; piuttosto, è il tassello intermedio di un’operazione produttiva intelligente che ha voluto far esplodere le potenzialità artistiche e commerciali del primo film senza però vendersi l’anima. Anzi.

Facciamo allora un piccolo passo indietro. Uscito nel 2014, il primo Smetto quando voglio vince una scommessa non facile: “drogare” la commedia all’italiana con uno stile all’americana. Il giovane regista Sydney Sibilia riesce infatti a sintetizzare un film stupefacente, un mix tra I soliti idioti e Breaking Bad, in cui prende la lezione di Monicelli (“far divertire su cose che divertenti non sono”) abbandonando però il solito – e forse ormai innocuo – realismo e iniettando la sua regia di azione, colori acidi, nerdismi vari. Il film su questi ricercatori universitari senza soldi che si trasformano in spacciatori è allora un successo di critica e pubblico (oltre 4 milioni di euro al boxoffice; un ottimo risultato per un autore alla sua opera prima).

Un sequel, insomma, era scontato. Ma i produttori Domenico Procacci e Matteo Rovere insieme a Sibilia decidono di alzare la posta in gioco e mettono in cantiere non uno ma due film, che vengono girati contemporaneamente, back to back per dirla all’inglese. La spregiudicatezza è la stessa del personaggio dell’economista col vizio del poker interpretato nei film da Libero De Rienzo ma, a differenza di quest’ultimo, Sibilia&co vincono. Eccome se vincono. Sì, perché Smetto quando voglio – Masterclass è un ottimo secondo episodio, un ottimo prodotto d’intrattenimento.
Più nel dettaglio, vengono ripresi i punti di forza del primo capitolo, in primis quest’estetica “allucinogena” con una fotografia notturna e dai filtri invadenti, inquadrature pindariche, mdp libera, montaggio serrato e musica ad alta gradazione di decibel, poi un’ironia scorretta e battute demenziali, per sfociare questa volta nei territori dell’action e del poliziesco, con omaggi dichiarati alle grandi saghe del cinema d’avventura, da Indiana Jones a Ritorno al futuro. Ecco allora assalti ai treni, inseguimenti urbani, combattimenti a mani nude, ma anche accordi tra Stato e malavita: in Masterclass, infatti, la banda dei ricercatori viene riassemblata e i criminali, in modo simile a Suicide Squad, stringono un patto con le istituzioni per ripulire la loro fedina penale e tornare in libertà.
 Come già nel primo film, anche in Masterclass si ride, e molto, ma anche qui la risata non è mai liberatoria e, anzi, porta con sé un inevitabile disagio. La critica sociale è forse un po’ più sotterranea, o meglio offuscata dalla maggiore spettacolarità, ma non per questo meno forte: ecco allora l’istantanea tutt’altro che retorica sui cervelli in fuga e la loro crisi identitaria (“se vuoi trasformare un uomo in una nullità non devi far altro che ritenere inutile il suo lavoro” viene in mente scomodando Dostoevskij), l’inutilità della passione e del coraggio dei giornalisti free-lance, e soprattutto l’opportunismo e l’ambiguità delle istituzioni di giustizia.

Certo, una sensazione di già visto c’è (si reiterano un po’ i soliti meccanismi: il reclutamento dei membri della banda, le tensioni interne alla gang; il tutto, però, con molta consapevolezza e pure una certa autoironia), ma non mancano le sperimentazioni come la bella sequenza in animazione, e soprattutto le new entry fanno il loro lavoro: Greta Scarano – che come abbiamo già detto su Best Movie è tra le più brave attrici italiane in circolazione – è una sorta di Carrie Mathison di borgata, l’avvocato specializzato in diritto canonico col volto di Rosario Lisma è un’ottima spalla comica mentre l’anatomista teorico diventato boxeur a Bangkok interpretato da Marco Bonini è l’“uomo che mena” che mancava. Ovviamente, infine, non possiamo non citare Luigi Lo Cascio in un inedito ruolo d’azione che in realtà ha poco spazio ma che è ben “seminato” per il terzo capitolo. Terzo capitolo che viene lanciato con un vero e proprio teaser prima dei titoli di coda, un po’ come le scene post-credit delle saghe blockbuster d’oltreoceano. Terzo capitolo che si intitolerà Ad Honorem e che uscirà nei prossimi mesi (una data ufficiale non è stata ancora fissata).

Ai personaggi della banda capitanata da Pietro Zinni/Edorado Leo ci si affeziona molto e noi abbiamo già voglia di ritrovarli per il terso e ultimo episodio. Poi, chissà, che non vogliano “emigrare” sul piccolo schermo e farsi protagonisti anche di una serie Tv… Non ci sembra un’ipotesi così improbabile. Del resto, questa banda sembra non aver nessuna voglia di smettere, di farci divertire e insieme bacchettarci pure un po’ perché, come direbbero i latinisti impersonati Lorenzo Lavia e Valerio Aprea, castigat ridendo mores.

Mi piace: Il regista e i produttori sono riusciti a far esplodere le potenzialità artistiche e commerciali del primo film senza però vendersi l’anima. Ottime le new-entry, da Greta Scarano a Luigi LoCascio.

Non mi piace: Una certa sensazione di déjà-vu. La critica sociale è più sotterranea.

Consigliato a chi: A chi ha amato il primo film e vorrebbe far parte di quella sgangherata e folle banda di criminali capitanata da Pietro Zinni/Edorado Leo.

Voto: 3/5

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