Titolo: Sole a Catinelle Anno: 2013 Regia: Gennaro Nunziante Interpreti: Checco Zalone, Robert Dancs, Miriam Dalmazio, Aurore Erguy, Ruben Aprea
Trama: Checco (Checco Zalone) è cameriere in un grande hotel, ma spinto dalla propria passione per l’alta finanza, decide di lasciare il lavoro, con disappunto della moglie Daniela (Miriam Dalmazio), che lo stesso giorno ha perso il lavoro a causa della chiusura della fabbrica in cui lavorava. Checco trova lavoro come venditore di aspirapolveri, e in poco tempo diventa venditore dell’anno – grazia alla vendita di aspirapolveri principalmente ai propri parenti – e decide così di sperperare il guadagnato (anche indebitandosi) convinto dell’ascesa della propria carriera, promettendo al figlio Nicolò (Robert Dancs) che se riuscirà a prendere tutti 10 a scuola, lo porterà a fare una vacanza da sogno. Finito il giro dei parenti, le vendite calano a picco e i debiti si fanno sentire, sino a portare una rottura tra Checco e Daniela. Alla fine dell’anno Nicolò riesce effettivamente a prendere tutti 10, e Checco si trova costretto, per mancanza di soldi, a portarlo in vacanza in Molise, dalla propria zia. Nicolò, stufatosi presto della vacanza, decide di partire con degli amici della madre, ma quando è il momento di abbandonare il padre, si risente e torna con lui. Sulla strada del ritorno i due incontrano Lorenzo (Ruben Aprea) un bambino affetto da mutismo selettivo, che sembra però trovarsi a suo agio con Checco e Nicolò. Zoe (Aurore Erguy), madre di Lorenzo, si rivela essere una ricca ereditaria, e sollevata dall’intesa tra Nicolò e Lorenzo, decide di invitare Checco e il figlio in vacanza con loro, dove questi ultimi entreranno in contatto con la classe sociale abbiente così lontana dalla loro realtà. FINE
‘Checco Zalone colpisce ancora’: nonostante ad un primo sguardo la sua comicità possa risultare estremamente pop, nel concreto riesce invece a distinguersi dal film comico medio italiano, tramite un ventaglio di gag in grado di accontentare un po’ tutti. Spazia dall’evergreen alle battute più fini e meglio costruite, toccando perciò vari livelli di comicità, che trovano certamente un ulteriore adempimento da parte dei suoi testi burleschi e senza peli sulla lingua che lo hanno reso famoso ai tempi di Zelig. Intelligentemente, Zalone – diamo a lui il merito a fronte di una regia principalmente di supporto – sfrutta la superficialità del film comico per toccare tematiche attuali di rilievo, quali certamente la precarietà del lavoro, la pressione fiscale, l’illusione del successo (paradigmatico il carrello di scene in cui Checco rifila gli aspirapolveri a tutti i suoi parenti), le difficoltà delle imprese, nonché – nelle battute finali del film – la corruzione e gli ‘inciuci’ tipici della massoneria. Ovviamente Checco Zalone non è imputabile per queste denunce, in quanto la natura comica del film impedisce che le tematiche portate a galla possano essere prese sul serio, ma nonostante ciò, dopo la risata, lo spettatore coglie con un pizzico di rammarico i riferimenti – non troppo velati – alla ‘complicata’ situazione del nostro paese. Checco si dimostra come al solito una maschera efficace, il cui scopo è quello di portare all’ennesima potenza l’immaginario comune di ‘italiano medio’: fondamentalmente ignorante, un po’ ingenuo, con un gran cuore, ma all’occorrenza opportunista e sfrontato. A riportare un equilibrio razionale è paradossalmente il volto di un bambino – Nicolò – interpretato dal giovane Robert Dancs, la cui estrema intelligenza e razionalità fa da contrasto sia con il personaggio del padre, che con il suo volto da bambino, che nella sua innocenza si dimostra invece più saggio di tutti. In conclusione sono assicurati 90 minuti di risate, qualunque sia lo spirito con la quale si va a vedere il film, o si colgono i tristi riferimenti alla situazione finanziaria del paese.
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