Cominciamo da qui: Only God Forgives, fatta eccezione per il suo protagonista, non ha nulla a che vedere con Drive. A parte due sequenze, non è nemmeno molto violento (per gli standard di Nicolas Winding Refn…). Chi però conosce bene il suo autore, sa che Drive è stata un’eccezione, non la regola, un lavoro su commissione che per molto tempo non aveva deciso se accettare. L’aveva girato su pressione di Gosling dopo aver trovato una chiave che gli interessava: fare un film sulla musica e il cinema pop. Per questo Drive è grande pop d’autore, perché è un film sul pop, fatto da uno degli autori più bravi in circolazione.
Only God Forgives ha un budget dieci volte inferiore a Drive, ed è stato fatto da Refn in totale libertà creativa nell’ambito di un contratto sottoscritto con la francese Gaumont, per cui già aveva girato Valhalla Rising. Come a dire che si tratta di un lavoro molto più personale, sentito, e coerente al percorso artistico del regista.
Che cos’è? È un film sul complesso edipico e sulle conseguenze della compressione della rabbia. Julian (Ryan Gosling) gestisce a Bangkok una palestra di thai boxe come copertura per lo smercio di droga. Una sera suo fratello, senza preavviso e senza spiegazioni, uccide una giovanissima prostituta. L’azione non resta impunita: un cane sciolto della polizia, misterioso angelo della vendetta che gira sempre armato di katana, lo lascia nelle mani del padre della ragazza, che lo massacra con un bastone. Dagli Stati Uniti arriva allora la madre di Julian, Crystal (Kristin Scott Thomas), in cerca di vendetta e sempre pronta ad umiliare il figlio sopravvissuto. In questo quadro la frustrazione di Julian cresce sotto pelle, ma non ha sfogo: è succube di sua madre, e cova una ferocia che si infrange – senza possibilità di soluzione – sulla figura simbolica del poliziotto vendicatore, un “amministratore” della giustizia che opera secondo codici biblici, da Vecchio Testamento. Resta, al suo cospetto, paralizzato; alla fine letteralmente monco: la storia del film è la storia di una dissoluzione, di uno spegnimento.
La recitazione è antinaturalistica, ogni cosa è stilizzata fino al parossismo: Julian si muove (e vede) come un sonnambulo, per associazioni emotive; la sua Nemesi cammina con lentezza irritante, una marzialità che sfinisce.
Un contesto integralmente simbolico, affine alla mistica jodorowskyana, cui il film è dedicato. Sostenuto da una messa in scena meravigliosa, dalla solita incredibile direzione delle luci, non piacerà a molti, ma piacerà moltissimo a chi ama davvero il cinema di Refn.
Guarda il trailer e leggi la trama del film
Mi piace
Messa in scena potente, immagini che si imprimono nella memoria, ambizioni alte
Non mi piace
Cinema mistico e autoreferenziale, con pochissime concessioni al thriller: se volete un altro Drive, rimarrete delusi
Consigliato a chi
Ama il Refn autore duro e puro, soprattutto quello di Vahalla Rising e Fear X
Voto: 4/5
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