Source Code: la recensione di Daisy83
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Source Code: la recensione di Daisy83

Source Code: la recensione di Daisy83

“Se avessi meno di un minuto da vivere cosa faresti?” E se avessi una seconda possibilità, in un’ipotetica realtà alternativa, sapresti sfruttarla al meglio? Quanto sono reali le nostre proiezioni mentali, secondo Duncan Jones? Vedendo Moon ci verrebbe da dire che non ci sono seconde possibilità immaginarie e che siamo destinati a fallire miseramente, ma questa volta, con un prodotto un po’ più commerciale, il talentuoso figlio di David Bowie è riuscito ad andare oltre la fisica quantistica, a renderla tanto reale quanto emozionante e dinamica.
Il capitano Colter Stevens (un convincente Jake Gyllenhaal) è un veterano di guerra e un pilota in Afghanistan. Improvvisamente, si risveglia su un treno nel corpo di un insegnante di nome Sean Fentress. Davanti a lui c’è una donna, Christina (Michelle Monaghan), che lo conosce bene, e poi ci sono altri passeggeri, possibili sospetti di un imminente attacco terroristico. Verrà a scoprire che, dopo otto minuti, anche il treno su cui viaggia, è destinato ad esplodere a causa di una bomba e che, in realtà, lui non morirà ma, ad ogni esplosione, si ritroverà in una capsula all’interno di una sconosciuta base militare. Il suo unico contatto con l’esterno saranno l’ufficiale Goodwin (la bellissima Vera Farmiga) e lo scienziato che sembra manipolare tutto dall’alto. Il compito del capitano sarà quello di scoprire l’attentatore, tornando più volte sul treno, nei panni di Fentress, grazie ad un programma virtuale (il Source Code) che crea spazi mentali, permette di riviverli e modificarli, fondendo ricordi con esperienze realmente vissute. Stevens andrà oltre la sua missione e tenterà di recuperare l’irrecuperabile.
Moon, l’opera prima di Jones, era un capolavoro di esistenzialismo, in cui la solitudine enfatizzava l’individualità e l’assurdità dell’esistenza umana, Source Code è la rappresentazione di una necessità di creare, modificare e rendere proprio e reale ogni loop esistenziale che tutti siamo costretti a vivere. Se Moon era una claustrofobica riproduzione della nostra realtà, Source Code ci dà modo di vedere che possiamo, ipoteticamente, rappresentare la vita come un vettore, in cui il tempo (in questo caso solo otto minuti) funge da modulo e lo spazio finisce per diventare la nostra direzione.
La domanda che ci poniamo è sempre la stessa: se il Source Code e le nostre facoltà mentali ci danno infinite possibilità di creare spazi e universi paralleli, possiamo davvero definire e delimitare il mondo reale separandolo da quello virtuale e immaginario? La protagonista del fantastico Franklyn di McMorrow affermava: “Se credi intensamente in qualcosa, chi può dire se è reale o no?” E se credi tanto in una proiezione mentale da decidere di riviverla più e più volte e di modificarla per comprenderla in pieno, chi può dire che non sia “realmente” la tua vita, e che, quindi, non faccia parte del tuo “destino”?
Duncan Jones, nonostante il numero limitato di location (quasi tutte in interni), il budget piuttosto contenuto (si parla di “soli” 32 milioni di dollari), crea spazi e contesti dinamici, apparentemente simili, ma sempre differenti per dettagli e dialoghi, spingendosi avanti e indietro nel tempo con le sue stupende carrellate ottiche con avanzamento e arretramento, disorientandoci con la sua tecnica quasi da effetto vertigo, e soprattutto spronandoci ad usare la logica per arrivare a dedurre il messaggio nascosto della trama.
La seconda possibilità che è stata offerta a Colter Stevens è la possibilità che tutti potremmo ottenere evolvendoci e acquistando consapevolezza maggiore della nostra esistenza. Questa evoluzione sarà concepibile solo attraverso un’esplorazione costante di quello che ci troviamo a dover affrontare nel mondo reale, ma anche di ciò che la nostra mente riuscirà a creare. “D’ora in poi lo spazio di per se stesso o il tempo di per se stesso sono condannati a svanire in pure ombre, e solo una specie di unione tra i due concetti conserverà una realtà indipendente.” Sosteneva il matematico tedesco Minkowski (creatore di un particolare modello di spaziotempo della relatività ristretta), quindi, fantasticando su questa ipotesi, il regista di Source Code, ci dà la possibilità di vedere, attraverso gli occhi di Stevens, com’è fatta la nostra realtà indipendente e ci spinge a domandarci quanto siamo disposti a lottare per ottenere, in questo mondo, o in uno parallelo ad esso, la nostra legittima seconda possibilità.

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