StreetDance 3D: la recensione di Silvia Urban
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StreetDance 3D: la recensione di Silvia Urban

La danza di strada torna protagonista in un film potente dal punto di vista visivo ma con un piccolo grande difetto: una sceneggiatura debole che non riesce a uscire dai clichè del genere

StreetDance 3D: la recensione di Silvia Urban

La danza di strada torna protagonista in un film potente dal punto di vista visivo ma con un piccolo grande difetto: una sceneggiatura debole che non riesce a uscire dai clichè del genere

Ormai i film sulla danza, specie quella di strada, sono come i cinepanettoni: il pubblico sa già esattamente cosa troverà sullo schermo. Nonostante il 3D (si tratta del primo film inglese ad essere totalmente girato in 3D live action), la regia di due esperti del videoclip e il coinvolgimento di ballerini professionisti (molti lanciati da Britain’s Got Talent), la storia è sempre la stessa: una passione per la danza che deve confrontarsi con le difficoltà di tutti i giorni, lo scontro di due diverse culture (disciplina vs. assoluta libertà espressiva), una sfida da vincere, la presenza di persone giuste al momento giusto che sanno infondere speranza e dare fiducia e l’inevitabile lieto fine con tanto di morale: per vincere bisogna essere ambiziosi e soprattutto se stessi. E va da sé che per strada, tra una mossa e l’altra, s’impara anche ad amare.
StreetDance 3D in questo non è diverso dai vari Save the Last Dance, Honey e Step Up. Jane English, sceneggiatrice al suo debutto (e purtroppo lo si capisce subito) non riesce a dare spessore ai personaggi né tantomeno alla vicenda, arenandosi sui clichè del caso, anche se per una volta si evita di usare la danza come strumento di riscatto sociale e di fotografare gli streetdancer come figli della delinquenza e del crimine. Solo nei confronti di Carly, la protagonista che si troverà suo malgrado a guidare la crew verso la vittoria, si tenta un approccio più profondo dal punto di vista psicologico, anche se le sue fragilità e il suo carisma non sempre coesistono in modo armonico; l’alternarsi di momenti di sconforto e demotivazione a quelli in cui detta legge all’interno del suo corpo di ballo risultano spesso forzati e costruiti per essere funzionali alla vicenda. Anche la figura di Helena (interpetata da Charlotte Rampling), qui mentore e vera ideatrice della collaborazione tra streetdancer e danzatori classici, risulta quasi una macchietta: l’unica insegnante di danza al mondo che tiene i tacchi a spillo in sala e durante le lezioni (tra le tante ingenuità del film).
Quello che colpisce allora sono i momenti di danza (tra le sequenze più interessanti proprio le dance battle, vere e proprie battaglie all’ultima mossa), le coreografie (curate da Kate Prince, Will Tuckett e Kenrick Sandy), il talento dei ballerini professionisti (come i Diversity e i Fawless) che la regia di Max Giwa e Dania Pasquini (anche loro al debutto cinematografico) sanno esaltare dal punto di vista visivo, dando al film una forte estetica pop. E in questo il 3D diventa effettivamente (anche se non sempre) un valore aggiunto. Il tutto accompagnato da una colonna sonora altrettanto pop e sullo sfondo di una Londra dinamica e stimolante.

Leggi la trama e guarda il trailer di StreetDance 3D.

Mi piace
Il modo in cui sono girati i numeri di danza, l’uso del 3D che ne potenzia l’effetto visivo e l’ottima qualità delle performance

Non mi piace
La prevedibilità della vicenda e il poco spessore dei personaggi

Consigliato a
Chi ama la danza a 360° e ha voglia di godersi uno spettacolo a ritmo di hip hop

Voto: 2/5


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