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Sucker Punch: la recensione di Massimiliano Morelli

Sucker Punch: la recensione di Massimiliano Morelli

Mondi tanto fantasmagorici e personaggi contornati con tale violenza stilistica sembrerebbo cadere dritti dal mondo dei comics, ed invece le note di produzione raccontano una storia ben diversa. Il tornado luminoso a saturazione bigia partorito dal sempre fecondo Zack Snyder è una sceneggiatura originale, che ha fagocitato tempi e mondi del fumetto, ma li ha ripiantati in un orticello caotico da paradisi post-futuristi.
Tanto vasto e sconfinato il maquillage di una narrazione folgorata dai suoi flash-back ad alto voltaggio, da divenire persino impegnativa una ricostruzione critica del suo impatto sullo spettatore. Palleggi isterici tra un mondo reale di per sé folle come la la casa di cura per deviati dove il suino padre padrone conduce la piccola e svampita Baby Doll (Emily Browning), e le mille e una notte passate a vagheggiare imprese epiche in campi di battaglia lontani e frastornanti. Il tutto condito da cuciture allucinate, in quella sorta di limbo del piacere dove le cinque lolite ad equipaggiamento Marine, surriscaldano la morale sporcacciona dell’ ambiguo Blue (Oscar Isaac) a colpi di balli lisergici.
Uno sforzo psichedelico di messa a punto di un carrozzone divinamente sfaccettato, senza punti di appoggio, né redenzioni, in cui davvero tutto suona come il contrario di tutto. Gli occhi reclamano la loro parte e allora non possono che dirsi soddisfatti da tutto quanto si vede, le ricostruzioni belliche sono più avanti nei piani narranti di una consolle prossima ventura, e costumi e fondali sono chiccosamente imperdibili. Il rischio è che in alcune strofe la narrazione si appallottoli sulla ripetività di se stessa e pericolosamente si banalizzi, come nella caccia al tesoro dei cinque elementi, forse un po’ troppo cadenzata rispetto al resto. Ma il finale da manicomio nel manicomio è tanto nuovo e tanto ben congegnato da riecheggiare gli imbrogli e le nebbie narrative del recente Shutter Island di Mr. Scorsese. Pezzo pregiato anche il dai e vai dei personaggi che continuamente si intrecciano ruoli e vesti, per sparire e ricomparire altrove come lo stregatto carrolliano, baciati da primi piani deliziosamente grotteschi.
Piacerà da morire agli eserciti cosplayofili cresciuti a latte e anime 2.0, ma lasciateci credere che questo non sia un film di genere, suonerebbe riduttivo. Semmai un film degenere. E come tale impregnato di succulenta fantasia. Buona visione visionaria.

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