Sono Zack Snyder, e questa è la mia cucina.
Prendete cinque giovani bellezze, copritele con degli abiti succinti e sbattetele insieme a dai giganteschi demoni giapponesi, dei soldati zombie della Grande Guerra, un orda di orchi, dei draghi e un esercito di robot. Condite il tutto con lame scintillanti, armi da fuoco, esplosioni, una colonna sonora sublime e tanto tanto bullet-time. Impastate il tutto fino a creare un ripieno spettacolare e scoppiettante.
Stendete poi una sottile trama fatta di sopprusi, abusi e sofferenze, posatela all’interno di un istituto mentale per sole donne stando bene attenti a non farla sfilacciare e a mantenere uno spessore medio in tutti i suoi punti. Al suo interno, versate il ripieno.
Il ripieno del nuovo film di Snyder riesce in pieno nel suo obiettivo: avvincente e divertente in ogni istante, di una grande forza visiva e di fortissimo impatto. Il difetto maggiore viene, invece, dalla crosta. La storia delle ragazze rinchiuse nel manicomio appare poco saporita, troppo rigorosa ma al contempo poco profonda, timorosa di eccedere da un lato come dall’altro e, di conseguenza, incapace di veicolare nel modo migliore il messaggio finale.
E’ difficile dare un voto globale a Sucker Punch: la divisione tra realtà e fantasia si fa sentire non solo a livello di trama, ma anche per quanto riguarda il valore della pellicola. Il mio giudizio è di sicuro laragmente sufficiente, ma lontano dai fasti di 300 e, soprattutto, Watchmen.
Ah…cotto, e mangiato!