E se domani Superman decidesse di rapire il Presidente degli Stati Uniti? Spaventati dal non saper rispondere a questa domanda i più alti ufficiali del governo americano accettano il folle piano di un’ agente dell’intelligence: costituire una squadra di meta-umani, cioè umani con poteri, da tenere sotto la loro sottomissione e utilizzare per l’ordine interno ed estero. I selezionati sono ovviamente criminali, pericolosissimi ma anche manipolabili, soggetti cui poter promettere qualcosa e da poter ricattare senza remore. Il banco di prova è l’inatteso (ma non immotivato) approdo di un’antica e inarrestabile divinità sulla Terra. Con poco allenamento, nessun piano, vaghe promesse in caso di vittoria e un chip esplosivo in corpo che li convince a non defezionare, la squadra che si autodefinisce suicida è così mandata sul campo.
Nell’universo fumettistico in cui vive il più grande dei bravi ragazzi, l’eroe positivo senza macchia e senza paura per antonomasia, Superman, sembra che nessun altro possa provare a stare alla sua altezza e tutti i “buoni” debbano mascherarsi da cattivi. Non solo Batman, senza dubbio vicino al lato oscuro, cammina sulla cresta tra positivo e negativo, si lascia percepire come minaccia, pericolo, mostro e creatura della notte, per incutere timore e nascondere così le sue cristalline intenzioni, ma anche questa banda di eroi è formata da cattivi. È solo la sensibilità poliziesca di David Ayer a renderli quindi criminali da polar francese (un genere letterario e cinematografico dalle note profondamente cupe i cui personaggi sono appartenenti alle forze dell’ordine spesso coinvolti in un percorso liberatorio o di mutamento della propria esistenza), guardati senza badare allo schieramento ma come irreprensibili portatori di un codice: più coerenti dei soldati, fedeli a tutto tranne che alla legge degli stati.
Dotati di sogni ingenui e naif, portatori sani di cuori d’oro, i combattenti di questo film nemmeno ci provano a essere un po’ cattivi come il marketing si sforza di promettere, sono solo cresciuti nella parte sbagliata della città, sono solo giovani sedotte dalle compagnie meno indicate e padri che fanno di tutto per una figlia. Malvagi costretti a lavorare per il governo (quello sì, il vero criminale) messi all’opera contro un’antica divinità in un’unica notte d’inferno, i membri della Suicide Squad sono dunque pedinati per tutto il tempo dal solo vero villain che il film conosca: la donna che li ha messi insieme per conto dello stato, che gli tiene testa e gli mette paura senza nessun potere speciale che non siano gli occhi a mezz’asta di Viola Davis.
La collaborazione tra la Dc Comics e la Warner porta (che film dopo film sta parallelamente creando anche la squadra dei buoni, la Justice League) alla nascita di un film poliziesco con costumi e maschere, un divertente e ritmato incontro tra la tradizione noir europea e le richieste dei blockbuster americani: la musica ( Eminem ,Bohemian Rapsody,Imagine Dragons ) , le frasi a effetto, l’umorismo, il buon sentimentalismo e tutto quello che di più grossolano e basilare può divertire.
Il film Suicide Squad è un insieme di autoironia, ottima azione e valenti idee di messa in scena. Dalla prima parte volutamente schematica, pensata a misura d’introduzione di ogni personaggio, scheda per scheda (i singoli frammenti sono gustosissimi), fino agli assoli di Will Smith, che coinvolto in un film corale con il ruolo di maggior importanza dimostra subito come mai il suo cachet sia maggiore rispetto al resto del cast, passando per le ironie di Margot Robbie, linea comica e al tempo stesso romantica di un blockbuster fondato sulle poche donne in un mondo di uomini . È lei, con la sua Harley Quinn, l’altro polo d’attrazione della storia, quello che si oppone alla già citata e terribile Amanda Waller di Viola Davis. Candida e spietata al tempo stesso, crocerossina e bastarda senza gloria, sessualmente folle e già solo per questo attraente ma anche teneramente innamorata senza speranza, Margot Robbie a braccetto con il suo personaggio sembra piegare i soliti odiosi stereotipi femminili sia cavalcandoli che negandoli. È così resa piena giustizia a uno dei personaggi più interessanti della scuderia DC, la spalla di Joker che qui ruba la scena al suo amato, folle , nella versione di Jared Leto, sempre intenso senza un vero perché, capace di sfruttare il nuovo look da dandy criminale emo, con un corpo marchiato oltre che dal solito acido anche dalla sua volontà e dalla sua pazzia. Un Joker particolarmente umano, shakespeariano ( una scena su tutte esterna la sua umanità e il suo attaccamento verso l’ amata Harley ) . Leto per interpretare il Joker infatti ha preso ispirazione dai boss della droga messicani, da alcune opere di Jodorowsky e ha avuto dei colloqui con vari medici e psicopatici.
Salvatore Cuccia