Survivor: la recensione di Mauro Lanari
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Survivor: la recensione di Mauro Lanari

Survivor: la recensione di Mauro Lanari

Lo script di Philip Shelby risale a quasi diec’anni prima della produzione di “Survivor”, che descrive la paranoic’aria post-11 settembre 2001 ma tramite uno spy-action-thriller debitore verso un copioso nugolo di classici riferimenti alla gloriosa storia del genere. V’è aggiunto per di più il pseudo-colpo di scena complottista dove i burattinai sono i miliardari che speculano a Wall Street. McTeigue scopiazza un po’ ovunque e un po’ chiunque (“I tre giorni del condor”, “Intrigo internazionale”, “Il fuggitivo”, “Il giorno dello sciacallo”, “Il maratoneta”, “Nemico pubblico”) e dovrebbe risarcire gl’omaggiati per insulto e insulsaggine. S’il budget è stato di 20 milioni di dollari, dev’essere andato tutto al cast, poiché in ogn’altro elemento del film si scende sotto il “b-movie”. Brosnan si diverte a fare l’anti-007 brizzolato e baffuto mentre la Jovovich recita da controspia però al femminile e stavolta senza spogliarsi. Orizzonte narrativo colmo di situazioni straviste, con tanto di corpo penzolante verso il baratro nella resa finale. L’adrenalina si volatilizza per mancanza d’una sceneggiatura logica, i personaggi sono abbozzati, “asfittici e imbambolati”, il killer si comporta da barzelletta mal raccontata, i dialoghi debordano nell’indecenza. Si dovrebbe riconoscergli il merito d’aver evitato qualsias’eccesso fracassone, m’ancor prima si dovrebb’avere un buon motivo per ricordare il film. 3% su RT: “Il vero survivor è lo spettatore che sopravvive alla fruizione”.

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