Synecdoche, New York: la recensione di Stefano94
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Synecdoche, New York: la recensione di Stefano94

Synecdoche, New York: la recensione di Stefano94

VOTO: 10/10

Caden è un regista teatrale. Sua moglie Adele è una pittrice che fa quadri microscopici. Vivono in una casa modesta con la loro figlia, Olive. Un giorno Adele riesce a farsi notare e i suoi quadri finiscono in una prestigiosa mostra. Allora lei deve partire e si porta dietro Olive. Non tornerà mai più a casa. Passa il tempo e Caden vince il prestigioso premio MacArthur, grazie al quale entra in possesso di una enorme quantità di denaro, che vuole impiegare per creare la più grande opera teatrale di sempre. Un’opera monumentale, astratta, filosofica, che attraversa tutta la sua vita. Un progetto che lo lancia in una spirale senza via di uscita.

Opera prima di Charlie Kaufman, Synecdoche, New York ci regala una storia struggente e al contempo brillante

Film spettacolare in cui il simbolismo (tipico di Kaufman) sprizza da tutti pori. Piccole frasi, parole, accenni, dettagli sullo sfondo, metafore, e tutto il lavoro prende vita sotto forma di una gigantesca tela dipinta (al contrario delle microscopiche tele della moglie di Caden).

Bisogna analizzare prima di tutto i personaggi per capire la genialità di questo film, a cominciare proprio dalla figura di Caden. Il film inizia da nemmeno due minuti e subito si vede il protagonista sprofondato nel suo letto, come una balena spiaggiata, incapace di alzarsi. Dopo essersi messo seduto, guarda di fronte a sé, in uno specchio, e dice: “io non sto bene”. Quanta amarezza in una sola frase, amarezza contenuta in un unico, intenso, attimo. Infatti poco dopo lo vediamo intento a fare colazione mentre legge tranquillamente il giornale. La sua vita riceve un duro colpo quando la moglie lo abbandona portandosi via la figlia. Si va a creare così un vuoto nella vita di Caden, un vuoto che viene riempito di rado da Hazel, una sua collega/amante. Poco dopo aver messo in scena una piccola opera teatrale, Caden vince il premio MacArthur, grazie al quale può disporre di fondi pressappoco illimitati per creare la sua grande opera. Affitta così un enorme hangar, che, dopo averlo rimesso a posto, sarà il grembo ove verrà concepito il suo nuovo spettacolo. Ma i problemi di ipocondria di Caden gli mettono i bastoni tra le ruote. A questa malattia va ad aggiungersi il problema fondamentale di questo film: Caden non si accorge del passare del tempo. Infatti spesso verranno effettuati dei salti temporali, salti in cui lo vedremo notevolmente invecchiato, e dove una mandria di attori lo incita a sbrigarsi a finire l’opera poiché ci lavora da quindici anni. L’ipocondria, il tempo che passa e il vuoto lasciato dalla moglie, l’impossibilità di creare legami affettivi. Questi i problemi che porteranno Caden ad un processo di scrittura autodistruttiva della sua opera. Un’introspezione tale che la sua mente non saprà gestire. Infine serve guardare il cognome di Caden, Cotard, che nel linguaggio medico si tratta di una rara malattia neuropsichiatrica in cui il paziente pensa di essere morto. Un’altra metafora per rappresentare la vita sterile di Caden, in cui non c’è affetto,c’è solo solitudine.

Ora passiamo alla figura della moglie, Adele. Il suo cognome è Lack, che in inglese significa “mancanza”. Qui Kaufman ha deciso di rendere il personaggio di Adele l’epitome del suo stesso cognome. Ha deciso di personificare il concetto di mancanza attraverso un semplice cognome. Fa la pittrice. Dipinge su tele microscopiche. Anche questo è un dettaglio degno di nota, poiché lei per dipingere si serve di lenti speciali che ingrandiscono le sue piccole tele. In questo Kaufman ha forse voluto dire che lei ha una larga visione d’insieme per quanto riguarda le piccole cose, ma non per le cose importanti, come per esempio i disturbi del marito. Ergendosi a giudice supremo Adele ha portato via la piccola Olive dalla vita di Caden, lasciandolo solo su due fronti: quello coniugale e quello paternale. Elemento chiave di questo personaggio risiede anche nella sua trasformazione durante il film. Infatti lei passa da uno stato corporeo, ad uno stato assente ad uno etereo. Infatti passiamo dal vederla, al non vederla, al sentire solo la sua voce. Questo passaggio indica che nella mente di Caden, lei sarà sì scomparsa, ma la sua voce resta pur sempre indelebile.

La figura della piccola Olive è un altro dei punti chiave di questa storia. Lei apparirà poche volte nel film, prima da piccola, poi da adolescente, poi da adulta e infine morente. In ognuno di questi passaggi di età Caden la incontrerà, ed ogni volta punirà se stesso per il tempo che non ha avuto con lei. Quindi Olive diventa l’epitome del fallimento.

Anche Hazel, l’amante di Caden, riveste un ruolo importante. Si può delineare un suo profilo partendo proprio dalla sua abitazione. Infatti lei vive in una casa in fiamme, fattore che sta a significare il continuo stato di passione in cui ella risiede a causa di Caden. Lei sarà una presenza importante nella vita del regista, tanto da rimanergli a fianco anche nei momenti più duri.

Claire, seconda moglie di Caden, sarà per lui un tentativo goffo di tornare ad una vita normale. Lei è sottomessa alla figura del marito, che ama in quanto lo trova brillante, ma che la rende infelice dato il suo temperamento.

Inaspettatamente, anche la cacca ha il suo ruolo nel film. Infatti la piccola Olive fa la cacca verde, cosa che fa preoccupare i genitori, che spesso la controllano. Oppure la pipì di Caden, giallastra e scura. Tutti gli scarti del nostro corpo visti sotto una luce caleidoscopica, che rende significativi anche la pupù e la pipì.

Il punto principale del film risiede però nello spettacolo che Caden sta preparando. E qui gioca anche un ruolo fondamentale il titolo del film: Synecdoche. In grammatica la sineddoche è la figura retorica che consiste nel sostituire un temine con un’altra parola, con la quale ha un rapporto di quantità. Per esempio quando si indica la parte per il tutto o il tutto per la parte. Questa difficoltà forse getta nel panico Caden, che non sa dare una direzione al suo lavoro. Nello stilare la sceneggiatura, si ritroverà suo malgrado a rivivere sul palco gli eventi della sua vita. Impresa pressappoco titanica che farà riemergere a più riprese la tristezza in Caden. Appare però un giorno Sammy, uno strano vecchietto che afferma di seguire la vita di Caden da oltre vent’anni (infatti se osservate bene spesso appare sullo sfondo durante determinate scene). E qui Caden ha un illuminazione: deve trovare degli attori che interpretino gli attori. E così comincia a fare un casting per trovare i sosia dei suoi attori, tra cui il sosia di Hazel, la sua vecchia fiamma. Qui l’opera entra nel suo girone più tormentato, un girone a spirale in cui attori che interpretano attori che interpretano attori si susseguono gli uni agli altri rendendo il confine tra realtà e spettacolo sempre più sottile.

A più riprese Caden dice di non riuscire a trovare un titolo per la sua opera. Penso che “Vita” sarebbe il titolo adatto. Infatti se si vuole usare la sineddoche in funzione di parte per il tutto, bisogna guardare al fatto che Caden sta cercando di dare un nome alla Vita stessa. Mentre invece se si analizza il tutto per la parte lui sta cercando di trasporre le vite di tutti in un unico spettacolo. E sempre Vita è la risposta, a mio dire.

Esiste solo il suo spettacolo. Anche in una significativa scena con Sammy, Caden non riesce a guardare fuori dall’ottica dello sceneggiatore teatrale, sottolineando l’importanza di seguire la propria parte. Questa sua visione si rifà ai quadri della moglie, in cui un punto prospettico troppo ridotto non fa rendere conto di ciò che succede attorno. Esiste solo lo spettacolo, le lancette girano, Olive cresce, Caden invecchia, ed esiste solo il suo spettacolo.

Divina la colonna sonora che accompagna la vicenda, scritta interamente dal brillante Jon Brion, che dona la giusta malinconia e il giusto peso emotivo in ogni scena.

Un film mistico, profondo, da togliere il fiato per la precisione con cui è stato creato. Geniale e non scontato, il film vede recitare uno spettacolare Philip Seymour Hoffman nei panni di Caden, forse uno dei personaggi più profondi e contorti del cinema degli ultimi anni.

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