T2 Trainspotting
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T2 Trainspotting

T2 Trainspotting

Mark Renton (Ewan McGregor) non si droga più da vent’anni, ha preso moglie ad Amsterdam e ha avuto due figlie. Molti anni prima ha tradito i suoi amici vendendo dell’eroina e si è rifatto una vita con i soldi che si era accaparrato. La reunion dei quattro protagonisti originali, Renton, Spud (Ewen Bremner), ancora dipendente dall’eroina, Sick Boy (Jonny Lee Miller), alle prese con un giro di escort, e Begbie (Robert Carlyle), uscito di prigione e assetato di vendetta, sarà all’insegna della resa dei conti…

Danny Boyle ritorna al mondo di Trainspotting con un sequel che ha tutte le prerogative del caso: il ricordo del film precedente aleggia come uno spettro col quale i conti non sono stati del tutto saldati, un fantasma che invoca un tributo probabilmente troppo grande ed implacabile. Rispetto al film del 1996, T2 Trainspotting guarda a un altro romanzo di Irvine Welsh, Porno, che riprende i personaggi del suo stesso Trainspotting e ne segue le vicissitudini nove anni dopo, tra tentativi di fare i conti col tempo e una risoluzione impossibile da trovare rispetto a ciò che si è vissuto e soprattutto alla vita che si è voluta dissipare.

Tra tentati suicidi e scene all’insegna di scontri fisici marcatissimi, T2 non ha tuttavia la forza pirotecnica dell’originale, diventato un film di culto per la spregiudicatezza e l’impudenza del tono ammiccante e sfrontato con cui alla fine degli anni ’90 si tiravano le somme di un’intera società dei consumi, senza moralismi né didascalismi ma con la vitalità di un monologo fluviale, di un lerciume mai edulcorato, di una scabrosità tutt’altro che opaca. Semmai sgargiante, urlata, lisergica senza evadere dalla realtà ma anzi esasperandola.

Tale concretezza beffarda è meno tangibile in questo sequel che arriva a ventun anni di distanza dal primo Trainspotting, nuovamente immerso in una Edimburgo grigia e caustica. Quello di Boyle è un aggiornamento anagrafico e ambientale di quei luoghi e quei personaggi, avvolto però da un’ovatta accomodante che permea il film.

T2 è un fuoco di fila col silenziatore inserito e il freno a mano tirato, dove l’invecchiamento dei personaggi non produce alcuno scarto dialettico né alcuna evoluzione rispetto alle vicende narrate nel capostipite. L’iconica Lust for Life di Iggy Pop, qui remixata dai Prodigy come a tracciare una distanza inconscia ma in realtà dannatamente consapevole rispetto al film precedente, diventa un tappeto sonoro mancato, al quale ci si limita ad alludere, accennandone le prime note su un giradischi.

Nel prologo fanno capolino sia Johan Cruijff che il gol capolavoro di Robin Van Persie alla Spagna in tuffo di testa, in riferimento ovviamente all’Olanda nella quale si è trasferito Renton. Un ponte calcistico tra passato e presente, perfettamente esemplificativo del rapporto col tempo che T2 insegue e sul quale prova ad assestarsi: il film di Danny Boyle un colpo di genio da applausi come quello di Van Persie non lo centra in toto, ma sono apprezzabili da parte dell’autore la voglia di ritornare sui propri passi con maturità e una cupezza più adulta e meno fumettistica del film precedente.

Mi piace: il crudo, bieco e maturo confronto col passato.

Non mi piace: l’assenza di reale sporcizia rispetto alla patina irritante e viscida del primo film.

Consigliato a: tutti i fan del film originale e a chi apprezza i sequel nostalgici e consapevoli, che non tentano di bissare il passato ma ricorrono a una chiave perfino crepuscolare.

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