Roma, inizio di gennaio, le decorazioni degli alberi di Natale scintillano ancora nelle case, quando un’anomala ondata di calore colpisce la città, dove le temperature si alzano a poco a poco fino ad arrivare a 30 gradi.
Mentre il caldo continua ad aumentare, si accentuano ansie e nevrosi: Gianna (Valera Bruni Tedeschi) è una fanatica religiosa affetta da binge eating disorder, la sua amica Pupa (Valeria Golino) una pornostar in declino, padre Bill (Danny Huston) un prete italo-americano ex- eroinomane con una sorella giunta dall’America (Greta Scacchi), Caterina (Alba Rohrwacher) un‘attrice che combatte l’alcolismo e cerca di ottenere la custodia del figlio Max (Andrea Rossi), affidato all’ex marito (Riccardo Scamarcio). Tutti in preda al caldo soffocante e alle loro rispettive dipendenze.
Dopo il debutto con Magari, Ginevra Elkann scrive (con Chiara Barzini) e dirige una commedia nera dai tratti grotteschi, triste e soffocante, con l’ansia a fare da collante elettrico che percorre ogni arco narrativo e un parterre di star lasciato libero di gigioneggiare a briglia sciolta, cimandosi con delle vere e proprie “maschere di fragilità”, ambigue e moralmente respingenti.
Te l’avevo detto, alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public dopo il passaggio in anteprima mondiale a Toronto, è un’opera seconda che vira molto di tono rispetto al precedente film d’esordio della sua stessa regista, provando a tracciare uno spaccato umano di più ampio respiro ma che risulta, in buona sostanza, incartapecorito e ripiegato su stesso. Troppi, infatti, gli eccessi lasciati deflagrare a bella posa, nella speranza che una pornostar fintamente “rifatta” alla Cicciolina e un pugno di balordi alle prese con problemi di identità e alcolismo possano bastare a giustificare un ritratto così crudo e grottesco, ma senza alcuno sforzo nel tratteggiare sfumature e psicologie.
Non basta, infatti, un quadro sovraccarico per rendere densa e artisticamente rilevante una composizione, e Te l’avevo detto purtroppo sconta fatalmente tale vizio di forma, alla ricerca di un’universalità disperata che mal si sposa con un approccio pseudo-autoriale, compiaciuto e ondivago dal punto di vista morale (anche se la presenza di Greta Scacchi nel cast può addirittura scomodare qualche mal riposta velleità altmaniana). L’assunto di base può in qualche modo ricordare lo slancio post-apocalittico da instant movie in anticipo sui tempi cupi e duri che verranno alla Siccità di Paolo Virzì, e la fotografia del sempre valido Vladan Radovic gioca un ruolo chiave in tal senso, anche se purtroppo il risultato finale firmato da Elkann è tutt’altro che lungi dal lasciare a desiderare.
Foto: The Apartment, Rai Cinema; Fandango Distribuzione
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