The Conjuring - Il caso Enfield: la recensione di loland10
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The Conjuring – Il caso Enfield: la recensione di loland10

The Conjuring – Il caso Enfield: la recensione di loland10

“The Conjuring – Il caso Enfield” (The Conjuring 2: The Enfield Poltergeist, 2016) è l’ottavo lungometraggio del regista di origine malese James Wan. (24.06.16: Capitol1, 8 spettatori)

Dopo sei anni la coppia che studia il ‘paranormale’. Ed e Lorraine Warren, è di nuovo in azione nel borgo londinese di Enfield (le cronache dell’epoca parlano infatti del ‘Poltergest di Enfield, come il titolo originale fa richiamo) che il regista aveva messo davanti la macchina da preso nel primo film “The Conjuring“ (2013).
In una casa vive una madre divorziata e i quattro figli, in una via simmetricamente uguale, monotona e decadente dentro un’area che non promette niente di buono dalle inquadrature iniziali. E l’incipit paranormale consiglia a tutti che il vero raccontato è filtrato da attori in vena che ‘somigliano’ (senza eccedere) ai protagonisti della vicenda. E i titoli finali, con sovra-scritte chiarificatrici, elencano i riferimenti all’epoca dei fatti che pare proprio un epilogo non cercato ma che fa rabbrividire per certe sagome e sguardi ficcanti.

Film di luoghi ristretti, corpi in movimento, ansiogeno e da risveglio soprattutto in una prima parte ben strutturata e tenuta bene dalla regia; poi gli espedienti narrativi prevalgono e quello che vedi aspetti senza un corsa verso un destino già scritto e degli attori che paiono diretti al bersaglio. E quando una ‘parolaccia’ entra in scena dalla voce di Ed Warren che sta tentando di aprire la porta del sottoscala esterno (siamo al pre-finale), allora capisci che il gioco-cine vuole ‘scherzare’ con il suo pubblico.
Janet Hodgson (seconda figlia) sente strane presenze nella sua e il suo girovagare dentro e fuori la sua camera allarma l’intera famiglia con la sua voce che cambia, gli oggetti che si muovono e un telecomando attratto da un divano ‘vuoto’. Terrore e orrore: ciò che sembra è e tutto il mistero si schiude con una mamma che chiama polizia e vicini di casa mentre una troupe tenta di decodificare il mistero a pochi giorni dal Natale 1977. Luci e brividi notturne.
Entrare e uscire di casa, dormire e far scorrere il tempo mentre rumori strani addensano e offuscano la casa, una voce fuori campo, un’ombra che s’aggira, uno strano divano, un bussare da brivido e una via di sobborgo che pare prestata (e qui dal vero si prende) da un set pieno e strapieno di nebbia (“The Fog”, 1980, di John Carpenter) notturna come da telepatici (“Scanners”, 1981, di David Cronenberg) inconsistenti per dei poliziotti che non sanno cosa riferire per gli stessi accadimenti che non riescono a spiegare.
Non c’è quasi niente da dire sulla prima parte della pellicola: riesce a non schiodarti dalla sedia (in una sala semideserta e ampia il terrore aumenta e ‘vocifera’…) e avere l’effetto desiderato con movimenti di macchina e luoghi minimi (corridoio, scale, porte e camere con aggiunta di…un’altalena) che s’avvinghiano tra di loro per crearci confusione in una casa semplice e normale con mobilia scarna e colori da fotografia che sono ‘arrugginite’ nel (col) tempo. E poi cosa dire del seminterrato che è all’uopo utile per una lavatrice scassata (che sfoga acqua dappertutto) che non sa lavare o per entrare in casa (da sotto come si confà al genere) quando il destino ti obbliga a non aver paura di nulla (ma l’acqua… rimane lì a coprire il misfatto di un b-movie tipo “Piranha”, 1978, di Joe Dante, anche se nulla c’è di tutto questo).
Figli a cui una madre è legata come non mai: Margaret, Janet, Johnny e Billy.
Indagare sui fatti e avvenimenti strani che accadano a Enfield è il lavoro ‘ordinario’ (verrebbe da dire) dei Warren che arrivano, chiedono, scrutano, vedono e si ‘affezionano’ al caso. E certe immagini dicono il falso per farli tornare indietro e sui loro passi.
E la data del 21 dicembre di quel 1977 è solo una registrazione per un servizio televisivo ma alla fine quando sentiamo la voce reale di Janet nella vera registrazione dell’epoca il brivido è da pelle d’oca (anche se si oramai perso il ritmo filmico in una parte conclusiva più scontata.
Lorraine Warren (Vera Farmiga) ha vera paura di perdere il consorte che ritorna nei luoghi bloccando la sua partenza: quello che sente lei è la vicinanza della morte. Ed Warren (Patrick Wilson) e una croce arrivano fino alla bambina e all’ospite sgradito.
Dimenticate ogni gesto scaramantico (o quello che più vi si addice) perché fa impressione il racconto (in un secondo capitolo) di un fatto vero con intelligenza regista e attori che partecipano ‘in modo convincente’(i Warren in primis).

In simili film ci si attende sempre un finale degno di miglior causa: ma è ovvio che le idee possono anche accavallarsi creando un effetto ‘boomerang’ non sempre positivo. In ogni caso un film (date le uscite di fine stagione…) da consigliare per il genere. La regia di James Wan ci fa regali da ‘soqquadro’ d’ansia.
Voto: 7-/10.

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