Titolo: Il Procuratore; Anno: 2014; Regia: Ridley Scott; Interpreti: Micheal Fassbender, Penélope Cruz, Javier Bardem, Cameron Diaz, Brad Pitt.
Trama: Uno stimato avvocato (Micheal Fassbender), in un momento di debolezza economica, si rivolge a Reiner (Javier Bardem), un vecchio cliente legato al Cartello messicano della droga, che gli propone di investire in una partita di cocaina così da assicurarsi un ritorno economico immediato. A gestire i contatti per questo affare lo aiuta Westray (Brad Pitt), il quale cerca di mettere l’avvocato in guardia dai pericoli che sta correndo. Durante l’operazione però, qualcosa va storto, e questo metterà in pericolo le vite dell’avvocato e della fidanzata Laura (Penélope Cruz), nonché di tutti quelli coinvolti nell’affare.
Un cast d’ecceziona fa presagire certe accortezze nella costruzione di un film, ed alcune di esse non mancano in effetti: intepretazioni di spessore, regia matura, cura per l’immagine di tutto rispetto; ma questo, considerati cast e regista, lo davamo per scontato. Purtroppo è la sequenza narrativa a non convincere del tutto: la prima metà del film ha come scopo quello di introdurci i personaggi, le relazioni tra loro e la vicenda, ma purtroppo questa spiegazione si strascica fino a diventare prolissa, portando in alcuni casi la nostra attenzione su dialoghi poco funzionali, in cui pressoché tutti i personaggi sembrano non avere a cuore null’altro se non assicurarsi che l’avvocato (così viene nominato per tutto il film, senza che gli venga dato un nome) abbia capito quali siano i rischi a cui va incontro e “se è sicuro di voler fare ciò che sta per fare”, il ché alla lunga può risultare estenuante. La sequenza delle scene richiede un atteggiamento attivo da parte dello spettatore, il ché intendiamoci, in genere non è un male, ma infastidisce quando cogliere anche solo dettagli essenziali della vicenda diventa ostico. Fondamentalmente nei primi cinquanta minuti di film circa non succede nulla di rilevante, fin quando qualcosa non mette a ragione tutti in allerta e rischia di far saltare l’affare e non solo, ma anche qualche testa. Interessante è come il film si muova su due linee parallele che si incontrano solo in alcuni punti o nel finale: da una parte vediamo l’andamento dell’operazione del traffico di droga su cui il protagonista ha investito; dall’altra ne vediamo le conseguenze su di lui e sulle altre personalità che hanno preso parte all’affare. In questo senso la narrazione sembra muoversi su due mondi apparentemente separati ma che in fine collimano l’uno con l’altro. Questa dialettica purtroppo, seppure interessante non aiuta quanto dovrebbe, dal momento che risulta faticoso seguirne il corso.
Come accennato le intepretazioni sono certamente soddisfacenti, ma nonostante il calibro non tutti gli attori sono sfruttati al meglio, come ad esempio Pitt, sempre carismatico ma comunque vincolato al suo ruolo (per non parlare come la sostituzione di Sandro Acerbo del doppiaggio, convinca poco); Bardem e Cruz, premi oscar qui poco sfruttati. Risulta invece maggiore l’impegno di Fassbender e in particolare della Diaz(nel ruolo di Malkina, compagna di Reiner), che qui sembra divincolarsi leggermente dal suo solito ruolo. In sostanza, il film partiva con ottime carte: un buon regista, un ottimo cast e una sceneggiatura interessante, ma purtroppo il tutto è sfruttato o poco o male, il ché ha dato vita ad un qualcosa di certamente non indecente, ma che lascia comunque con l’amaro in bocca.
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