The Counselor - Il procuratore: la recensione di MITICOMAURI
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The Counselor – Il procuratore: la recensione di MITICOMAURI

The Counselor – Il procuratore: la recensione di MITICOMAURI

Un cast, sulla carta stellare; Un regista che ho amato per Thelma &Louise e il Gladiatore; La sceneggiatura dello scrittore Cormac McCarthy che descrive (o voleva farlo ) una storia inserita all’interno della realtà drammatica, cruenta e senza pietà dei cartelli della droga; con un intreccio di personaggi e trame in cui elemento caratterizzante risulta la totale disconnesione tra di essi.
Un film cui si fa fatica a stare dietro, in cui la prolissità dei monologhi che sembrano non aver fine, non danno alcuno spunto allo spettatore, ma alimentano in esso un’esasperazione nella vana attesa che il cerchio (se non si riesce a chiudere) venga quanto meno tracciato.
Una storia dove anche la particolare cruenza di alcune immagini non trovano giustificazione se non quella di dover esserci per destare lo spettatore dal torpore e dall’insoddisfazione che lo avvolge.
Quello che forse voleva essere l’obiettivo di regia e sceneggiatura di rappresentare in maniera alternativa avidità e ingenuità, violenza e meschinità all’interno di una realtà difficile davvero da immaginare come quella del traffico internazionale di droga dal Messico agli Stati Uniti si sviluppa in un calderone di pacchianità e mediocrità che si manifestano fin dai primissimi minuti della pellicola. Anche il fattore sesso e sensualità, insieme a quello della violenza, vengono proposti decontestualizzati e a volte perfino in forma comica (come la famosa spaccata sul parabrezza della Ferrari) che oltre a fragorose risate in sala, son ben lontane dal rappresentare uno stereotipo di “donna dominante”.
Una Cameron Diaz di una bellezza disarmante ma in relazione alla quale non si capisce come e perché risulti essere “Dominus e artefice” di tutti gli inganni e gli accadimenti della pellicola; uno Javier Bardem apprezzabile in particolare per l’eccentricità dei costumi (o solo per quello, e ne conservavamo ben altro ricordo con “Mare Dentro”) e un Michael Fassbender nel ruolo del procuratore che risulta essere tanto noioso, smielato e privo di contenuti, quanto il numero di volte in cui all’interno del film viene chiamato “avvocato”. Il contorno di Penelope Cruz è talmente insignificante quanto, anche se informa minore, del ruolo e della parte di Brad Pitt.
Insomma un’occasione persa per la regia (e tempo rubato a un sonno rigeneratore per il sottoscritto) ben lontana dalle “famose (e a volte criticate) americanate” e che visti i papabili cachè delle star coinvolte avrebbe meritato ben altri contenuti.

VOTO : 4

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