Che cos’è l’amore, e in quanti modi esso può essere definito?
Si potrebbe dire che proprio su questa domanda ruota l’ultimo film dell’inglese Tom Hooper (“Il discorso del Re”, “Les Miserable”), presentato in anteprima al Festival di Venezia lo scorso Settembre.
Perché “The Danish Girl” è sì la storia vera di Lili Elbe nata Einar Wegener, primo transessuale nonché prima persona a sottoporsi ad un intervento per il cambio di sesso – e in quanto tale potentissima nel messaggio che porta con sé, ma alla fine il filo conduttore dell’intero film è proprio l’amore. Reale, totale e incondizionato.
Nella Danimarca degli anni Venti Einar Wegener (Eddie Redmayne) è un pittore quotato e stimato; vive con la moglie Gerda (Alicia Wikander) con cui condivide un rapporto d’amore sincero, affiatati come solo due giovani sposi possono essere. Cercano un figlio che sembra non voler mai arrivare, ma nei loro discorsi, nei loro baci e nei loro abbracci c’è la voglia di futuro, di una vita che sono consapevoli si snoderà sempre e solo l’uno accanto all’altro. Almeno, così sembra.
Poiché Einar viene invitato proprio da Gerda a vestirsi da donna per poter ultimare un quadro che ritrae la comune amica Oola (Amber Heard): e lì qualcosa si incrina. Guardiamo Einar sfiorare il raso e i pizzi del vestito con lentezza, con un desiderio tanto nascosto quanto febbrile e capiamo che c’è qualcosa ad agitare la quiete della superficie. E quando, per gioco – e spronato ancora una volta da Gerda – la coppia si presenta ad una festa con Einar nei femminei panni di Lili, il punto di non ritorno è segnato: la ragazza scorge il marito, o meglio Lili, baciare un altro uomo.
La loro vita inizia lentamente a cambiare, Einar sente sempre più la consapevolezza di essere donna affiorare nella sua esistenza, con Eddie Redmayne che ci mostra in una bellissima sequenza (musicata magistralmente da Alexandre Desplat) in cui appare nudo davanti allo specchio, ma nascondendo la propria virilità, come Einar non si riconosca più nel proprio corpo. Nel frattempo Gerda inizia a dipingere il marito nei panni di Lili, raggiungendo una popolarità notevole; ma mentre la sua carriera decolla, Einar assume sempre più spesso l’identità del suo alter ego femminile: suo marito non esiste quasi più, e con esso la vita che Gerda conduceva. La ragazza chiede persino aiuto in un amico di infanzia di Einar, Hans (Matthias Schoenaerts) ma Einar-Lili è certo delle sue scelte: lui è una donna. E dopo lo strazio di perizie psichiatriche, tentativi di elettroshock e rimedi poco ortodossi, arriva la scoperta che un medico può aiutare Einar a diventare Lili a tutti gli effetti.
Ed è proprio in queste fasi del film che realizziamo come Hooper abbia, con grande delicatezza, parlato d’amore: perché Gerda non lascia mai il fianco del marito, e non lo abbandona nemmeno durante le rischiosissime scelte finali. Gerda Wegener muta la sua dimensione di donna, passando da moglie e amante ad amica e infine persino madre di Lili, nella sua completa accettazione e liberazione finale di un Einar che non esisteva ormai più da molto tempo.
Confezionato in circa due ore di emozioni, “The Danish Girl” è un film importante e di grande coraggio, realizzato con grande cura ma soprattuto di con la volontà chiara e precisa di affrontare il dramma personale dell’incapacità di riconoscersi in un corpo cui non si appartiene più e della necessità di una trasformazione in un mondo pieno di pregiudizi.
E se l’ottima prova di Eddie Redmayne, non nuovo a prove camaleontiche (vedasi “La teoria del tutto”) dona a Lili / Einer quella delicatezza androgina e quella forza necessaria per toccarci il cuore, il vero fulcro di “The Danish Girl” è senza dubbio la svedese Alicia Vikander, capace di prendere per mano il film e reggerlo praticamente quasi da sola.
A lei Hooper dona le chiavi di un film non semplice sotto molti aspetti, ma è solo attraverso gli occhi di Gerda che possiamo seguire pienamente il cambiamento di Einar.
Vivendolo, capendolo ma, sopra ogni cosa, accettandolo.