The Equalizer: Il vendicatore: la recensione di Mauro Lanari
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The Equalizer: Il vendicatore: la recensione di Mauro Lanari

The Equalizer: Il vendicatore: la recensione di Mauro Lanari

Fuqua, che mi combini? Com’altri hanno già notato, un bricolage da “Taxi Drive” ad “Unbreakable” e da “Man on Fire” a un qualunque film giustizialista. Ti sei voluto cimentare con una sceneggiatura che non è nelle tue corde, basata su un protagonista introspettivo e solitario, ossessivo-compulsivo per meccanismo di difesa rispetto a chissà quali trascorsi CIA, che non si capisce bene perché all’improvviso voglia reindossare i panni del killer implacabile e imbattibile (prima sembra voler vendicare la Moretz, poi l’amica, poi un’escalation a casaccio contr’avversari senza sfumature né profondità), e così le sue imprese, per giunta tendenti man mano allo splatter, soffrono d’uno spessore psicologico fragile e di motivazioni vacue che non muovono a empatia, non coinvolgono, lasciano indifferenti. Risultato lento e prolisso. Bill Pullman messo lì quasi per sbaglio. Le location da quadro d’Hopper un lusso superfluo ed eccessivo. Hai toppato, forse per la prima volta.

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